Tutti contro tutti nel Pd: il Bersani “furioso” sfiduciato da Parisi

ROMA, 3 OTT – ”Stupisce che ci siano dirigenti che, invece di valorizzare il lavoro del partito, lo azzoppino”. E’ la valutazione fatta dal segretario del Pd, Pierluigi Bersani, parlando al termine della direzione che ha registrato tensioni sia sulla prospettiva di dimissioni del governo, sia sulla linea del Pd rispetto al referendum.

Quella di Bersani sembra una risposta ad Arturo Parisi che lo aveva duramente attaccato, fino al punto di chiederne le dimissioni, per la condotta del Pd sul referendum sulla legge elettorale. Un attacco che Parisi ha negato, sostenendo “‘un fraintendimento nella comprensione delle mie parole”.

“Ma quale richiesta di dimissioni? Chi avesse letto il testo del mio intervento depositato agli atti e non si fosse fermato al titolo di una sintesi di agenzia, non avrebbe avuto difficolta’ a capire quello che ho detto”, ha detto Parisi.

Parisi ha comunque sottolineato che “questo non cambia naturalmente per niente il mio giudizio sulla linea del Pd rispetto al Referendum che resta profondamente negativo.  A contribuire al fraintendimento ha concorso purtroppo anche la presidente Bindi che, invece di dar conto del testo depositato agli atti a sua disposizione, ha preferito leggere l’agenzia  accompagnandola, a quel che mi si dice, con commenti sarcastici”.

“Se una proposta semmai e’ in esso contenuta sarebbe quella del deferimento ad una commissione di garanzia dei membri del partito che, come me, si sono discostati dalla decisione assunta il 19 luglio nell’ultima direzione con un voto bulgaro, che, definendo incompatibile con la linea del partito la promozione e partecipazione al referendum invitava i membri del partito ad astenersi dal farlo”, ha osservato Parisi.

Riferendosi poi al segretario del Pd ha detto: “Bersani aveva appena indicato come modello per il governo del Paese un sistema flessibile che consenta e costringa il premier a dimettersi anche nel corso della legislatura senza tornare al voto degli elettori, dicevo che, se all’interno del partito, invece dell’attuale sistema presidenzialistico con elezione diretta vigesse il sistema elastico che lui propone per il Paese, sarebbe dovuto essere lui ad offrire le dimissioni per verificare la fiducia e ‘difendersi’ dall’accusa di aver inferto un grave danno al partito proponendo una linea che si e’ dimostrata radicalmente sbagliata’. Un discorso come si vede in questo caso diretto a sollevare e contestare la contraddizione esistente tra il sistema che vige nel Partito e quello che il Partito propone per il Paese”.

Il Pd comunque si divide chiedendo elezioni anticipate, come ha sostenuto l’ex segretario Walter Veltroni, sottolineando il clima di incertezze nella linea del partito. Nicola Latorre ritiene invece che sia necessario andare al voto subito, non nascondendo profonde perplessità sulle alleanze politiche che il Pd potrebbe stipulare. Bersani ha poi dichiarato l’esigenza di un nuovo governo, spiegando che quello attuale non arriverà al 2013 e che non possiamo attendere come salvatori della patria Luca Cordero di Montezemolo o Diego Della Valle.

A difendere il segretario del Pd anche Stefano Passigli, promotore del referendum che Bersani non ha firmato: “Arturo Parisi sbaglia. Dovrebbe essere grato a Bersani che dopo averla  negata alla mia proposta di referendum gli ha concesso una decisiva  raccolta di firme nelle feste del PD. Non e’ indebolendo il PD e il  segretario che si rafforza la possibilita’ di vittoria del  centro-sinistra. Scopo delle due proposte di referendum era cambiare la  legge elettorale non alterare i rapporti all’interno delle opposizioni. L’amico Arturo non si faccia strumentalizzare da chi e’ piu’ interessato a  cambiare gli equilibri nel PD e a limitarne le possibili alleanze che a  vincere le elezioni”.

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Emiliano Condò