Nel Pd si oscilla tra la voglia di un confronto interno duro e la voglia della pace: l’ondeggiamento dipende da una parte dalla delusione per la mancata sfiducia al governo, nel voto di martedì alla Camera, e dall’altra dalla prospettiva di elezioni anticipate. In questo quadro il segretario Pier Luigi Bersani ha convocato la Direzione nazionale il 23 dicembre, ed ha avviato un giro di incontri con i diversi big dal partito, il primo dei quali è stato Walter Veltroni.
L’attacco di D’Alema. Il primo a rompere la consegna del ”volemose bene” deciso tutti insieme dopo la mancata sfiducia, è stato Massimo D’Alema, che ha definito ”mentecatti” quanti hanno sollevato dubbi sulla linea del partito, troppo impegnato secondo le critiche per esempio di Arturo Parisi, a inseguire Fini e Casini e poco propenso a far emergere le proprie proposte per l’alternativa.
I due prodiani Sandra Zampa e Mario Barbi sono insorti contro il metodo di D’Alema di impostare il confronto interno. E anche Sergio Chiamparino non ha fatto sconti: ”Serve una piattaforma programmatica, maggioritaria e credibile”, ha detto, perché ”prima si indica al Paese quale è il progetto per esso, e poi si vede quali sono gli alleati disponibili”.
Bersani ha difeso la linea, sottolineando che dopo il voto di ieri ”il governo non c’è”, dato che non ha i voti alle Camere per far approvare le leggi. Berlusconi ”è sopravvissuto”, è vero, ma ora può solo ”vivacchiare”. E deve pure fare una manovra che ”per loro è un bel problema” ha detto il segretario.
Le tensioni tra Fioroni e Veltroni. Le tensioni, poi, ci sono anche all’interno delle minoranze interne come dimostra il rinvio della riunione dei 75 parlamentari di Movimento democratico, a causa delle frizioni tra Beppe Fioroni e Walter Veltroni. Il primo ha qualcosa da ridire sugli incontri avuti dal secondo con Bersani in separata sede. Tanto che ha deciso di varare una Fondazione degli ex popolari del Pd, per ritagliar loro uno spazio di autonomia. Un altro colloquio a due Bersani-Veltroni di oltre 40 minuti c’è stato nel pomeriggio, in vista della Direzione del 23. Fioroni poi oggi è stato sotto pressione per le affermazioni della ”Velina rossa” di Pasquale Laurito, secondo il quale l’ex ministro della Pubblica istruzione potrebbe traslocare nel centrodestra su input di Bonanni e Sacconi. ”Balle spaziali” ha tagliato corto l’interessato per il quale la soffiata rientra nella strategia di delegittimazione della Cisl e di Bonanni.
Altro sospetto è che la voce, come quella di una telefonata di Berlusconi, serva al premier per far pressione sull’Udc, per fargli capire che non è l’unico possibile interlocutore del governo. Bonanni e Fioroni si sono telefonati, concordando che si è trattato di ”una aggressione” ai loro danni. Che i fioroniani siano ben ancorati nel Pd lo prova il fatto che essi stiano già discutendo con Veltroni su chi debba rappresentare Movimento democratico al tavolo del partito che deciderà le candidature in caso di urne anticipate, tavolo a cui gli ex popolari vogliono essere presenti. Sì, perché c’è anche la prospettiva di elezioni in primavera, come hanno ammesso anche D’Alema e Bersani. Uno scenario che potrebbe spingere tutti ad arrivare alla Direzione del 23 dicembre facendo prevalere quella voglia di pace interna.
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