Eugenio Scalfari interroga Guido Bertolaso, ben dieci domande sulle pagine di “Repubblica” al sottosegretario alla Protezione civile nel consueto fondo domenicale. Immediata è arrivata la risposta di Bertolaso con una lettera pubblicata sull’edizione di lunedì 15 marzo. Lo stesso fondatore del quotidiano apprezza la tempestività sottolineando: «Il presidente del Consiglio aspettò sei mesi prima di riscontrare le domande che il nostro giornale gli aveva posto e, dopo sei mesi, usò un libro di Bruno Vespa come strumento intermediario».
Ma il capo della Protezione civile non convince, soprattutto Scalfari, che replica: «Difficile correre con le scarpe nel fango». Il giornalista non vuole entrare nelle inchieste giudiziarie, perché, sottolinea: «A noi non piace affatto rimestare nel fango. Ma se il fango c’è è nostro dovere professionale raccontare chi c’è in mezzo a quel fango e che cosa ha fatto per esserne lordato. Spero vivamente che lei – conclude Scalfari – non sia di quelli ma si tratta purtroppo di suoi intimi amici».
Dura la reazione di Scalfari alla risposta: «Sono un servitore dello Stato». Scalfari non è d’accordo e anzi sottolinea che Bertolaso è riuscito a dare «al premier quel potere di fatto che l’ordinamento ancora non gli ha conferito» bypassando così l’ordinamento vigente. In sintesi Scalfari dici: «Potete modificare tra voi due le poste di bilancio, l’avete fatto e lo farete sempre di più, non solo per le catastrofi ma per tutto ciò che vi passerà per la mente o passerà per la mente dei vostri amici. Lei pensa che questo sia il modo di servire lo Stato?».