ROMA – Perché i controlli della Guardia di Finanza sui “furbetti” vanno bene a Cortina, a Milano, in qualsiasi altra parte d’Italia e non al Senato? Martedì viene battuta la notizia: la Guardia di Finanza è entrata al Senato per fare un controllo nella banca interna su quei 13 milioni che il senatore Luigi Lusi avrebbe sottratto alla Margherita. Peccato che le Fiamme gialle sono state bloccate “perché il loro mandato non conteneva la richiesta di accedere negli ambienti del Senato”. Ambienti, va detto, coperti da immunità: ovvero è il presidente del Senato a decidere su chi può essere ammesso all’interno degli edifici in cui si svolgono le sedute. Ma non sembra un grande contro senso che si incentivino i controlli in tutta Italia e li si rifiutino proprio in Parlamento?
Come fa notare Sebastiano Messina su ‘La Repubblica’, ai Senatori in questo caso è forse mancato il senso dello Stato: mentre in tutta Italia si moltiplicano e si incentivano i controlli del Fisco sui “furbetti dello scontrino”, non si dà la possibilità a quegli stessi finanzieri di entrare in Parlamento per indagare su un “furbetto dei fondi di partito”.
Se è vero che diversi esponenti politici, soprattutto del centrodestra, all’epoca del blitz del Fisco a Cortina si indignarono per l’azione “teatrale” voluta da Befera, è vero anche che molti si misero a battere le mani, molti di quelli che martedì erano in Senato, a bloccare i finanzieri. Come scrive Sebastiano Messina “forse sarebbe ora di imparare a distinguere tra il fumus persecutionis e la puzza di bruciato”.