Per il ministro dei Beni culturali, Sandro Bondi, il Popolo della libertà resta un traguardo, nonostante Gianfranco Fini. Per lui aver dato vita al Pdl non è stato ”un errore”, quello che sta accadendo ”ha origine dagli strappi politici e programmatici che il presidente della Camera ha operato verso il partito che un anno fa aveva contribuito a fondare, sia pure con esplicite riserve”. Il ministro, nonché coordinatore Pdl lo scrive in una lettera pubblicata sul Giornale.
”Oggi – aggiunge – il Popolo della Libertà è un traguardo irreversibile anche per la destra italiana, che in maggioranza si riconosce nel nuovo movimento. Un partito che raccoglie quasi il 40% dei consensi non può essere considerato morto, a costo di apparire ridicoli”. Riferendosi a un precedente editoriale del direttore Feltri, Bondi sottolinea che la ”rottura” interna al Pdl è ”totalmente ascrivibile a Fini, il quale nel corso di un incontro chiarificatore voluto da Berlusconi gli annunciò per tutta risposta la decisione di voler costituire gruppi autonomi in Parlamento”.
”Tutto – prosegue il coordinatore del Pdl – si può rimproverare al presidente Berlusconi, all’infuori di una linea dettata dall’impulsività e dall’irrazionalità . Ancor meno gli si può imputare la responsabilità della rottura con Fini, perche’ al contrario egli ha cercato fino all’ultimo una composizione e una ricucitura”.
