Per quel nulla che vale il mio singolo voto Emma Bonino lo ha perso. Lo ha messo in fuga in dieci minuti scarsi, più o meno dalle 21, 15 alle 21,25 di giovedƬ 11 febbrario mentre parlava ad Annozero da Michele Santoro. Ha detto la Bonino con tenacia, passione e sinceritĆ che lei ha un solo e unico metro per misurare il mondo: lāinteresse del Partito Radicale. Ha detto e argomentato con dovizia che ciò che importa sopra ogni altra cosa ĆØ che i radicali ci siano in tv. A questo āsupremo beneā ĆØ bene che ogni altra cosa faccia spazio e ceda il passo, autonoma informazione e autonome trasmissioni comprese sāintende, ci mancherebbe altro. Quel che la Bonino ha ritenuto di poter concedere ĆØ che trasmissioni e informazioni restino in palinsesto, ma solo se e dopo lo spazio e la presenza dei radicali e degli altri partiti. Se si sta stretti in calendario, peccato. Siano trasmissioni e informazione e farsi da parte. Ā«In fondo si tratta solo per un meseĀ» ha benevolmente concluso.
Per quel nulla che vale il mio singolo voto, non può andare a questa āviolenza della non violenzaā. Non può andare a chi teorizza e persegue lāinesistenza di diritti superiori in quantitĆ e qualitĆ al suo bisogno di parte, fondato o meno che sia il bisogno. Emma Bonino ha spiegato la genesi e la difesa radicale della deliberazione della Commissione di vigilanza Rai che impone a tutti i contenitori di informazione di comportarsi secondo le regole delle Tribune politiche. Ecco la genesi: Ā«la carenza strutturale di invitiĀ» in quelle trasmissioni per gli esponenti radicali. Di qui la correttezza secondo la Bonino della nuova normativa che impone che le sedie in studio siano assegnate dal Parlamento. Non dalla cronaca, dai fatti, dalla scelta giornalistica men che mai. Dal parlamento, dai partiti. E in fondo ĆØ rivendicazione coerente: se la Rai ĆØ casa loro, a casa loro ci deve essere sempre una sedia per tutti. Netto, preciso, stringente. Ma mi ĆØ difficile votare per chi ritiene la democrazia sia e coincida con la Rai ācasa dei partitiā.
Lāidea che un ministro, un politico, un leader, uno qualsiasi si invita e intervista a seconda del tema che si tratta, dei fatti accaduti, della realtĆ di quel giorno non convince la Bonino, anzi la indigna. La loro idea, lāidea dei radicali ĆØ sempre stata altra: da decenni āpesanoā i giornali a seconda delle righe e dei titoli a loro dedicati. Presenza, presenza, dovāĆØ la nostra presenza? Me lo son sentito ripetere per decenni dai radicali. Sempre offesissimi se la risposta era: presenza sƬ, ma non a prescindere dai fatti concreti. Questa risposta era per i radicali la prova della ādittatura informativaā, non del criterio di realtĆ . Dittatura cui reagire con la āviolenza della non violenzaā. La meno disarmata, la più disarmante.
Questo sentire e percepire il proprio bisogno come diritto assoluto e primario ĆØ illiberale. E, se non ĆØ coscientemente illiberale, ĆØ ottuso. Non sono in grado di misurare quanto dellāuno e quanto dellāaltro, ma so che per funzionare deve essere un mix tra le due componenti. Un mix radicale, nel senso di decisivo e irreversibile nella mente in cui prende forma.
Non ĆØ laico sentirsi gli interpreti unici e autentici della democrazia. Laico non ĆØ solo opporsi al clericalismo imperante e dominante, ragion per cui alla Bonino volentieri avrei dato per quel nulla che conta il mio singolo voto. Laico ĆØ concepire diritti e doveri come sistema armonico e bilanciato. La democrazia che vado cercando e che ritrovo ormai solo sui testi classici dei suoi teorici ĆØ il dubbio nellāanimo e nella testa. Il dubbio eterno di non essere il depositario dellāinteresse āprimoā.
Questo dubbio a destra lo si estirpa come la gramigna. Non trovandone traccia di questo dubbio nemmeno nella Bonino, riserverò uno dei pochi bollini rimasti nella tessera elettorale (mai mancato ad una chiamata al voto) ad altra e migliore occasione. Unāoccasione in cui, ce ne sono state tante, in cui possa pentirmi del voto concesso dopo averlo espresso, non addirittura prima.