Bonus 600 euro ai politici, tra trasparenza e privacy (Ansa)
Fuori i nomi, dunque. Luigi Di Maio gioca la parte del più inflessibile sul bonus 600 euro ai politici: i parlamentari e gli amministratori locali della Casta che ne hanno usufruito vanno puniti.
Testuale, pur in assenza di un reato, perché la legge – magari scritta male – i 5 furbetti per ora anonimi (3 leghisti, un Iv e un M5S) non l’hanno violata.
Vito Crimi, il capo politico dei 5 Stelle, gli dà man forte, suggerendo un metodo e imponendo l’obbligo di trasparenza assoluta ai suoi eletti.
“Se non dovesse palesarsi spontaneamente chi ha richiesto il bonus, chiederò a tutti i nostri parlamentari di sottoscrivere una dichiarazione per autorizzare l’Inps a fornire i dati di chi ha usufruito del bonus”.
Anche Carlo Calenda (Azione) non perdona gli “insaziabili” descritti da Gian Antonio Stella sul Corriere. Ma prova a distinguere e soprattutto attribuisce alla mancata previsione di un tetto al reddito la causa del pasticcio.
“Per i sindaci che magari guadagnano 1200 nei piccoli comuni e fanno una richiesta di questo tipo è tutto un altro paio di maniche.
I nomi usciranno perché non c’è la base legale per tenerli segreti e l’Inps dovrebbe fornire quei nomi”.
Non c’è base legale? Alfonso Celotto, professore di diritto costituzionale all’università RomaTre, intervistato da Repubblica concorda.
“L’obbligo di trasparenza prevale sul diritto alla riservatezza individuale” e “acquista un rilievo maggiore perché riguarda i rappresentanti delle istituzioni”.
Il senatore di Forza Italia Andrea Cangini, a proposito di gogna, se la prende con Di Maio. Lo accusa in sostanza di aver strumentalizzato l’Inps e la vicenda a fini politici, per screditare ulteriormente la Casta e spingere le ragioni del sì al taglio dei parlamentari nel referendum di settembre.
“Il ministro degli Esteri in carica ha indotto il direttore di un istituto pubblico da lui nominato a mettere alla gogna cinque parlamentari (che andrebbero cacciati a calci, ma che non hanno violato la legge) per influenzare il voto democratico su un referendum costituzionale di prossimo svolgimento”.
E’ giusto, si chiede il direttore di Huffington Post Mattia Feltri, “buttare il Parlamento per 5 rubagalline?”. (fonti Ansa, Repubblica, Corriere della Sea)