Difesa: spendere 15 miliardi per 131 caccia F35 non è un affare

Il Caccia F35 Joint Strike Fighter

Si chiama F35 Joint Strike Fighter, è un cacciabombardiere per missioni d’attacco che può essere armato con bombe atomiche B61. Data l’attuale politica delle forze armate italiane, difficile capire a cosa possa servire un giocattolino del genere. Un costoso giocattolino. L’Italia spenderà 15 miliardi di euro fino al 2023 per comprarsene 131, di caccia F35, prodotti dalla Lockheed Martin di Dallas, un nome che ci riporta a scandali politico-militari sull’asse Italia-Usa della fine degli anni 70. Noi siamo uno degli otto paesi che partecipano al megaprogetto dei 3.200 caccia (2.443 solo per gli Usa). Un mega progetto dal quale molti di questi Paesi stanno pensando di sfilarsi.

Il progetto è partito 16 anni fa, ma ora L’Italia, con il debito pubblico che si ritrova, è pronta a tirare fuori una cifra pari a metà della sanguinosa ultima manovra di Mario Monti? Anche perché, secondo quanto scrive il Fatto Quotidiano, gli stessi Usa hanno qualche dubbio sul funzionamento dell’F35:

Soprattutto dopo che sono diventate di dominio pubblico le conclusioni del Quick Look Review, il rapporto sull’F35 di cui Il Fatto ha svelato l’esistenza mercoledì 28 dicembre. Quello studio commissionato dal Pentagono dimostra che il più sofisticato aereo della storia non funziona ancora come dovrebbe e che per eliminare tutti i difetti riscontrati ci vorranno altro tempo e altri soldi. Quattrini che faranno lievitare il prezzo finale di ogni aereo già salito nel giro di pochi anni da 80 milioni di dollari a 130 considerata la media delle tre versioni proposte (A, B e C). 

Saremmo ancora in tempo per rinunciare all’aeroplanino atomico e a risparmiare quei 15 miliardi. Ma il problema è che l’ammiraglio Giampaolo Di Paola è uno dei più convinti sostenitori del progetto F35. Racconta il Fatto:

Nel 2002 (governo Berlusconi) fu proprio Di Paola, allora segretario generale della Difesa, a firmare a Washington il primo accordo per la partecipazione italiana alla fase di sviluppo del cacciabombardiere e per questo fu indicato dal direttore americano del progetto come il “formidabile sostenitore del Joint Strike Fighter in Italia”.

Allora, secondo il Fatto, potremmo uscirne risparmiando una decina abbondante di miliardi di euro:

Nella peggiore delle ipotesi l’Italia potrebbe essere costretta a sborsare un contributo una tantum di circa 900 milioni di euro. Che si aggiungerebbero ai 2,7 miliardi già spesi per lo sviluppo dell’F35, compresi gli 800 milioni per l’impianto di Cameri (Novara) dove l’Alenia (Finmeccanica) dovrebbe produrre l’ala sinistra e assemblare alcuni velivoli destinati al mercato europeo. Al di là dei costi, però, molti si chiedono se l’F35 sia adeguato alle esigenze del sistema difensivo italiano. Il cacciabombardiere è un concentrato di tecnologia pensato soprattutto per missioni d’attacco, comprese quelle nucleari. Può essere armato con le bombe atomiche B61 custodite in vari siti europei. In Italia ce ne sono un’ottantina a Ghedi e Aviano, anche se nessun governo ne ha mai ammesso ufficialmente l’esistenza.

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