Il filosofo sbatte la porta e se ne va: Massimo Cacciari lascia la politica. Quando sarà finito il suo mandato da sindaco di Venezia Cacciari non accetterà più incarichi politici.
Ed è una resa amara quella del filosofo annunciata in un’intervista al Corriere della Sera in cui, a tratti, Cacciari si lascia andare e perde anche la sua abituale compostezza. Come quando l’intervistatrice lo sprona a trovare una via d’usciata all’impasse del Pd e il sindaco risponde stizzito: «E cosa dovrei fare? Più di come mi sono fatto il culo in questi anni? Nessuno mi ha mai filato, anche se ho avuto sempre ragione. In politica bisogna essere a tempo e non in anticipo, a 65 anni ho capito che non sono capace di fare politica».
Quando Francesco Rutelli ha consumato il suo divorzio dal Pd erano in tanti a dare Cacciari insieme al presidente del Copasir ai vertici dell’organigramma del nuovo soggetto politico. Invece il filosofo non ci sarà: «Ma quando mai mi si è offerto di guidare qualcosa? E comunque non me ne frega niente, il potere mi fa ridere. Stimo Tabacci e, a Rutelli, mi lega una affettuosa amicizia. Condivido la sua scelta, ma io con l’Udc non ho nulla a che vedere. Né con gli altri».
Rabbia a parte è l’amarezza a dominare nell’addio di Cacciari: «Basta. Quante volte occorre essere sconfitti in una vita? Trent’anni fa speravo con altri di poter imprimere una svolta al Pci. Poi ci ho provato con Occhetto, quindi con il partito dei sindaci, con l’Asinello di Prodi, con la Margherita e infine con il Pd. Quel che ora dice Rutelli io l’avevo detto molto tempo prima. A chi dovrei continuare a predicare?».
Soprattutto il filosofo è polemico con D’Alema e deluso dalla strada presa dal Partito Democratico: «A Bersani auguro successo, ma sarà la cosa 2, 3 o 4 di D’Alema. È un dramma quel che si profila nel Pd. L’intesa col centro è inevitabile e ‘sta frittata qui, un centrosinistra da prima Repubblica che è il vecchio disegno di D’Alema, non mi interessa culturalmente. Anche se è l’unica via per sconfiggere Berlusconi».