Il ministro per la Semplificazione normativa Roberto Calderoli vuole tagliare sprechi e privilegi. Attraverso un disegno di legge sul Codice Autonomie che approderà all’esame del Consiglio dei Ministri giovedì 19 novembre, il ministro leghista vuole ridimensionare il numero di diversi enti locali, tagliando 45 mila poltrone. In bilico le sorti di 356 comunità montane (218 di queste sarebbero pronte per l’abolizione), 63 bacini imbriferi montani, 191 consorzi di bonifica, 142 enti parchi regionali, 222 autorità territoriali, 600 enti strumentali regionali e 344 circoscrizioni comunali.
Calderoli ha parlato all’uscita della Conferenza Stato-Regioni: il parere degli enti locali sulla carta delle autonomie era previsto all’ordine del giorno della Conferenza Unificata ma, ha spiegato Calderoli,«le Regioni avevano chiesto una settimana per elaborare un parere unico tra i diversi livelli di governo».
Le reazioni alla sforbiciata sono state discordanti. L’Anci per bocca del presidente nonché primo cittadino pd di Torino Sergio Chiamparino ha commentato: «Alla bozza di riforma manca la dimensione critica del problema». Per la Flai-Cgil, la manovra è solo «il frutto di una miopia tutta padana, qualunquista e populista».
Il Paese dei campanili trova formale legittimazione nel Testo unico sugli enti locali del 2000. In nome del principio di rappresentanza ci ritroviamo oggi 8.100 sindaci e 95.118 consiglieri comunali. Gli assessori comunali intanto sono 23.527, mentre l’esercito dei consiglieri circoscrizionali o di zona conta 6.538 unità. Se il nuovo Codice per le autonomie diventasse legge avremmo 3.074 assessori in meno, 34.982 consiglieri comunali «a casa» e 4.785 consiglieri di quartiere avrebbero improvvisamente molto più tempo libero a disposizione.
Capitolo province: oggi sono 108 con 2.548 consiglieri e 774 assessori in organico, «domani» si ridurrebbero rispettivamente a 1.866 e 446. Soltanto in questo modo, senza scoperchiare il calderone rappresentato dagli enti intermedi, rinunceremmo a quasi 45mila «eletti».