
ROMA – Alla Camera dei deputati sta per aprire una ludoteca per i figli delle parlamentari e delle dipendenti di Montecitorio. L’iniziativa della vicepresidente dei deputati Marina Sereni (Pd) e della campionessa di scherma Valentina Vezzali (Scelta civica) ha incontrato il voto favorevole delle deputate del Movimento 5 Stelle, molte delle quali mamme con figli piccoli.
Nulla di male, se non che in tempi di spending review e di crisi può provocare qualche irritazione l’idea che la “casta” a spese dei contribuenti si doti di un asilo che per molti genitori italiani è un’utopia.
Andrea Cuomo del Giornale, nell’articolo dal titolo “La casta si fa anche la ludoteca: regalino per le mamme grilline“, richiamando anche il caso dell’attrezzatissimo spazio bimbi al ministero degli Esteri, sottolinea la distanza fra mamme di palazzo e resto delle mamme d’Italia:
A Montecitorio le tante giovani deputate (ce ne sono 84 con meno di 40 anni) sono di ottimo umore. Sta, infatti, per diventare realtà il progetto di aprire una ludoteca all’interno di uno dei Palazzi per eccellenza. Uno spazio che, spiega Marina Sereni (Pd), vicepresidente della Camera, «non sarà una vera e propria ludoteca o un asilo, per il quale sarebbe necessaria una struttura ad hoc con permessi specifici; piuttosto sarà uno spazio di ospitalità per rendere più facile vedere i propri figli a Montecitorio».
Ludoteca o no, le onorevoli mamme e gli onorevoli papà potranno presto recarsi a Montecitorio con il proprio frugoletto e lasciarlo a personale di fiducia mentre loro lavorano in commissione o votano in aula. Qui disegni di legge, a pochi metri disegni a pastello – e non è detto che i secondi siano peggio. È sempre la Sereni, che ha coordinato il gruppo di lavoro, a specificare che la struttura non avrà costi aggiuntivi per la Camera, «se non quelli per gli allestimenti minimi di sicurezza» (quanto, se è lecito?) e sarà «autogestita dagli stessi genitori o da chi da loro indicato». L’idea, pare partita dalla neodeputata e neomamma Valentina Vezzali (Sc) ha raccolto consensi bipartisan, perfino tra i «signor No» del M5S. Le mamme grilline, tra le quali Roberta Lombardi, Mara Mucci e Gessica Rostellato, hanno votato entusiaste, solo un po’ rammaricate per non avere potuto creare «un asilo nido aperto anche ai cittadini della zona». Già , peccato, no? Però intanto i loro figli hanno un locale in cui giocare sotto occhi fidati a pochi metri da mamma o papà ; e i figli dei signori nessuno devono affrontare i labirinti della burocrazia, tra domande, Isee e liste d’attesa.
Ma spostiamoci al ministero degli Esteri. Dove la situazione per genitori e pargoli è assai più interessante. Da 35 anni la Farnesina è dotata di asilo nido «aziendale», prima pubblica amministrazione in Italia a provvedersi di tale struttura allo scopo di «armonizzare vita lavorativa e familiare del personale». La struttura accoglie 60 bambini (in realtà si può arrivare a 66) di età compresa tra i 3 e i 36 mesi nella fascia oraria 8.30-16.30. Un superasilo, con qualità dei servizi altissima, metodo psicopedagogico Montessori, un «rapporto educatore/bambini stabilito nella proporzione ottimale di 1 a 6», un medico pediatra presente per tre ore al giorno almeno tre giorni a settimana e un’offerta formativa che, si legge, «è stata peraltro recentemente arricchita con l’inserimento di cicli di interventi per l’apprendimento della lingua inglese e della musica». Solo che in questo caso il costo a carico dell’amministrazione c’è ed è salato. Il bando per l’affidamento del servizio di gestione della struttura per il periodo dal 1° settembre 2014 al 31 luglio 2017, di recente scaduto, ha una base d’asta presunta di 2.400.000 euro per 33 mesi: il costo per bambino al mese è stratosferico, pari cioè, nel caso di 60 bambini, a 1.212 euro, solo in piccola parte coperto dalla retta pagata dalle famiglie. Il resto ce lo mette la Farnesina. Cioè noi. Che ci piaccia o no il metodo Montessori, sia chiaro.
