Appena insediatosi a governatore della Regione Campania, Stefano Caldoro scopre un buco da un miliardo e cento milioni di euro. I conti sono in rosso, il bilancio soffre, ma di quel pozzo, che il neopresidente chiama “degli sprechi”, per la giunta regionale precedente è praticamente un vanto.
L’amministrazione di Antonio Bassolino snocciola quasi con fierezza i motivi che l’hanno portata a non rispettare il patto di stabilità, di cui riferisce con tanto di nota scritta al ministero dell’Economia.
Gli ex assessori, a detta loro, si sono fatti carico degli interessi del popolo campano, e in suo nome dichiarano di aver infranto i vincoli. «Ci siamo fatti carico -dice Antonio Valiante, vice di Bassolino – fino in fondo della crisi, che qui nel Mezzogiorno è ancora più forte del resto del Paese. Come Regione Campania ci siamo assunti grossi impegni, anche dal punto di vista finanziario: abbiamo sostenuto il reddito dei lavoratori della Fiat di Pomigliano e dei precari della scuola, abbiamo varato incentivi e agevolazioni al credito per le imprese in difficoltà e abbiamo confermato tutte le iniziative di contrasto al disagio sociale e alla povertà. Provvedimenti ampiamente noti e comunicati nei tempi dovuti a tutti gli organismi di vigilanza».
Proprio la mobilitazione per Pomigliano è stato un fiore all’occhiello per l’ex giunta di sinistra campana, nonostante gli elettori l’abbiano bocciata optando per Caldoro alle urne il 29 marzo scorso e per un’amministrazione di centro destra alle comunali.
Il 5 maggio 2009 sul suo sito web Antonio Bassolino si felicitava di aver rispedito gli operai Fiat in aula per studiare e racimolare qualche euro in più in busta paga: «Frequentando questi corsi, gli operai riceveranno direttamente in busta paga un integrativo di 350 euro al mese per maggio e giugno e di 240 euro per i mesi successivi. Utilizzando fondi regionali, supportiamo dunque il reddito dei lavoratori in difficoltà e, al tempo stesso, li riqualifichiamo professionalmente. È questo il modo più giusto per affrontare la crisi, per stare al fianco delle tante famiglie che rischiano di perdere la loro unica fonte di reddito».
Stessa politica e stessa retorica è stata adottata sul fronte scuola: «Stiamo facendo per la scuola— precisava Bassolino il 4 settembre 2009, commentando il patto per i prof precari con il ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini — quel che abbiamo già fatto per undicimila operai della Fiat di Pomigliano. Con la partecipazione ai corsi di aggiornamento e ai progetti contro la dispersione i docenti precari potranno continuare ad accumulare punteggio. In questo modo non saranno mortificate le loro aspettative di carriera. A questo punto è però fondamentale che il governo faccia fino in fondo la sua parte e in questo senso abbiamo incontrato la disponibilità del ministro Gelmini e del sottosegretario campano Viespoli».
Insomma hanno sforato di oltre un miliardo di euro, ma quel deficit che ora provoca le ire di Caldoro sembrava loro più che inevitabile addirittura giusto. Anzi il vice di Bassolino nega di aver danneggiato il sistema economico regionale che il nuovo governatore dovrà risanare.
«I conti della Regione sono in ordine. Altra cosa è il Patto di stabilità che abbiamo oltrepassato e che riguarda l’andamento della spesa sulla base dei parametri fissati dal trattato di Maastricht», spiega Valiante. Dunque un innocuo danno all’Europa e non certo all’Italia secondo la cultura amministrativa e politica della classe dirigente campana del centro sinistra. Ma non solo del centro sinistra, infatti lo stesso argomento è stato usato dai cinquecento e passa sindaci lombardi in piazza contro il patto di stabilità, Bossi ha spiegato che marciavano “contro l’Europa e non contro il governo”. Una differenza c’è, eccome: i sindaci lombardi hanno alle spalle bilanci comunali senza deficit, gli amministratori campani hanno alle spalle il debito come abitudine. Però la logica è la stessa e sia riassume nell’italica impossibilità di vivere normale, anzi di far politica, senza spendere e andare a debito.
A Caldoro, dunque, non resta che ingoiare l’amaro boccone e accantonare, almeno per un po’ i suoi sogni di rilancio. L’articolo 77 della Finanziaria, infatti, impedisce alla Regione di fare assunzioni o emettere obbligazioni finché non rientra nei vincoli stabiliti. E la Campania deve ancora attendere, a meno che Tremonti non si impietosisca e non faccia uno “sconto” al governo regionale amico, come fu fatto per il Comune di Catania alla bancarotta.
Questa vicenda fa tornare alla memoria la lunga storia del debito nella sanità del Lazio, ora a quasi 10 miliardi di euro. Dopo anni di bilanci imprecisi o arrivati in ritardo. la voragine c’è ed è evidente e la colpa “originaria” è attribuita alla giunta di destra guidata da Francesco Storace, dal 2000 al 2005. Il diretto interessato, però, ha cercato negli anni di negare le responsabilità. Come si siano formati quei miliardi di disavanzo resta un mistero, anzi una “palla” che destra e sinistra si rinfacciano da un decennio.
Luciano Ciocchetti, assessore nella giunta Storace, assicura: «Quasi 4 miliardi di euro di debito sono della sinistra . «Soltanto 1,8 miliardi», replica Alessio D’Amato, del Pd. Nessun vanto come negli ambienti campani, ma la diatriba nel Lazio sull’onnipresente buco di bilancio continua anche per il cambio della guardia Storace-Marrazzo: 9,5 miliardi secondo il centrosinistra, 6,5 per il centrodestra. E approda alla sfida Bonino-Polverini. La vincente ha detto: “non si tagliano posti letto, non si chiudono ospedali, non si fanno pagare ticket, non si tagliano i fondi alla sanità privata…”. Il programma del futuro della destra nel Lazio, più o meno quel che è stato il programma del recente passato della sinistra in Campania.