”Truffa aggravata” è il reato ipotizzato nel fascicolo che la procura di Roma apre il 5 agosto scorso sulla vicenda della casa di Montecarlo ceduta ad An da una nobildonna, la contessa Anna Maria Colleoni e, poi venduta ad una società offshore (la Printemps Ltd) e finita in affitto (dopo essere stata venduta alla Timara Ltd) a Giancarlo Tulliani, fratello della compagna di Gianfranco Fini.
L’inchiesta, affidata al procuratore Giuseppe Ferrara e all’aggiunto Pier Filippo Laviani, viene avviata dopo una querela da parte di Marco Di Andrea e Roberto Buonasorte, militanti della Destra di Francesco Storace.
L’inchiesta punta esclusivamente ad accertare se l’appartamento monegasco non sia stato svenduto arrecando un danno economico alle casse di An: gli inquirenti vogliono verificare se la cifra ottenuta dal partito (circa 300 mila euro), in sede di cessione dell’appartamento, l’11 luglio 2008, alla società Printemps Ldt, sia stata in linea con i parametri del mercato immobiliare monegasco.
Gli inquirenti inoltrano una rogatoria internazionale per sollecitare il principato a consegnare atti sul passaggio di proprietà. L’inchiesta subisce un’accelerazione il 14 settembre con l’audizione dell’ex tesoriere di An, il senatore Francesco Pontone, che seguì tutta la procedura di vendita dell’appartamento di Boulevard Princesse Charlotte. Ai magistrati racconta che la vendita fu decisa ”dal partito” e di essersi limitato ad eseguire quanto era stato stabilito da An.
Poi vengono ascoltati il deputato del Pdl, Donato Lamorte, e Rita Marino, segretaria particolare dell’allora presidente di An, Gianfranco Fini. I due effettuarono un sopralluogo dopo l’avvenuta donazione dell’immobile da parte della contessa Colleoni.
I pm ascoltano anche il senatore del Pdl, Antonino Caruso il quale per circa un anno si è occupato delle pratiche relative alla successione dell’immobile: ai magistrati racconta che il suo ruolo nella vicenda sarebbe stato quello di seguire i passaggi burocratici legati all’eredità. Inoltre avrebbe aggiunto di non essere mai entrato nell’abitazione e avrebbe negato di aver ricevuto richieste di acquisto dell’appartamento per cifre superiori a quelle ottenute dalla vendita.
Il 20 settembre in procura giungono da Montecarlo gli atti relativi alla compravendita dell’appartamento, compreso l’originale del contratto d’affitto tra la società offshore proprietaria e Giancarlo Tulliani e le firme apposte, secondo quanto accertato dagli inquirenti, non sono identiche.
La circostanza appare rivelante alla luce della identicità, invece, delle firme che si notano nell’atto con il quale è stato registrato il contratto di affitto. Quest’ultimo documento, pubblicato da alcuni quotidiani, ha suscitato una serie di illazioni ed, in particolare, quella secondo cui la società offshore proprietaria dell’immobile sarebbe riconducibile al cognato del presidente della Camera.
Si tratta, però, di una documentazione incompleta: mancano alcuni atti di natura fiscale necessari per verificare la valutazione fatta dell’immobile in sede di successione. Per questo motivo da piazzale Clodio è partito un supplemento di rogatoria.
Il 22 settembre la guardia di finanza si reca nella sede di An dove acquisisce alcuni documenti tra cui la dichiarazione di successione, l’atto necessario ad An per entrare in possesso del lascito. In questo atto viene indicato in 1 milione e 800 mila franchi (circa 270 mila euro) il valore dell’immobile.
Le ultime ore dell’intricata vicenda sono contrassegnate da una polemica su una presunta attività di dossieraggio, denunciata dai fedelissimi del presidente della Camera, ai danni di Gianfranco Fini. In procura, dove probabilmente la settimana prossima arriveranno nuovi documenti da Montecarlo, precisano che solo in presenza di una denuncia di parte o di atti ufficiali provenienti dagli organismi competenti si potrebbe valutare l’apertura di un nuovo fascicolo.