Le indagini dell’inchiesta sulla “cricca” degli appalti dicono che Ercole Incalza, braccio destro di Altero Matteoli, avrebbe comprato nel 2003 una casa di lusso a Roma in parte con i soldi di Diego Anemone. Lui, però, capo della struttura tecnica di missione del ministero delle Infrastrutture si dice tranquillo e non ha timore delle ripercussioni.
“È una vicenda che mi lascia assolutamente tranquillo”, afferma Incalza in una nota diffusa dal suo legale, l’avvocato Titta Madia. “Se mai sarò chiamato a spiegarla – aggiunge – fornirò tutti i chiarimenti necessari alle autorità competenti».
Alla fine degli anni Novanta, Incalza, come ex amministratore delegato della Tav, venne coinvolto, e poi prosciolto, nell’ inchiesta condotta sempre dalla procura di Perugia sulla cosiddetta Tangentopoli due. Un presunto giro di mazzette per l’assegnazione di lavori per grandi opere, in particolare del Gruppo Ferrovie e dell’Eni, che ruotava intorno ala figura del banchiere Pierfrancesco Pacini Battaglia.
“Per Incalza – ha sottolineato l’avvocato Madia – ci sono stati 14 proscioglimenti e mai una condanna. Un vero e proprio record-man”.
