Il sito “Dagospia” è stato l’autore dello scoop sulla casa di An a Montecarlo, scovando in un sito di Santo Domingo la lettera del ministro della Giustizia dello Stato di Santa Lucia che rivela che è stato Giancarlo Tulliani a comprare la casa da An. Dopo quello scoop Roberto D’Agostino è stato anche lui accusato, dai finiani e da Giuseppe D’Avanzo su Repubblica, di concorrere al dossieraggio contro Fini e di essere stato informato dai servizi. E ora risponde in un’intervista al “Riformista” dicendo: “Non mi faccio mettere il bavaglio nè il bavaglino da nessuno”.
“Se la Repubblica del Commissario Davanzoni mi da della “barba finta”, legato ai “servizi deviati” – dice D’Agostino – replico che hanno loro il “cervello deviato”. E rispondo alle accuse ripetendo, parola per parola, l’editoriale di Ezio Mauro dell’11 agosto che recita così: ‘Fini chieda a Tulliani di rivelare i nomi e i cognomi degli acquirenti e le condizioni dell’affitto. Questo per rispondere al sospetto, ogni giorno più pesante, che Tulliani abbia intermediato per se stesso, dietro il paravento offshore. Solo così si potrà accertare definitivamente che la “famiglia” venditrice non è anche la “famiglia” acquirente'”.
D’Agostino ammette di avere qualche dubbio sull’autenticità del dossier sulla casa di Montecarlo e poi racconta come è nato lo scoop: “Il documento l’ho tratto da un sito di un quotidiano di Santo Domingo, mica dalla Corte dei Conti. Ma ammettiamo pure che il documento attestante Giancarlo Tulliani dietro le due società offshore Printemps Ltd e Timara Ltd, sia un falso, una patacca, una porcata; questa circostanza non sposterebbe minimamente il problema della casa monegasca di cui, a sei mesi di distanza dallo scandalo, non sappiano nulla sulla effettiva proprietà. Mi domando: è possibile che in 48 ore non c’è un governo, anche caraibico, che smentisca o confermi la veridicità di questo documento? Il punto è che se per caso il documento pubblicato dal quotidiano dominicano El Nacional è una patacca non cambia proprio nulla”.
“Non mi faccio mettere il bavaglio né il bavaglino da nessuno – incalza quindi D’Agostino – tantomeno da “Repubblica”. Il Commissario Davanzoni (Giuseppe D’Avanzo, ndr) scrive cose che alcuni “tipini Fini” gli dichiarano, e non ha neanche il coraggio di citare la fonte. Scrive per sentito dire. Questo lo fa Dagospia, che campa di indiscrezioni, di “addetti ai livori”. Un grande quotidiano come Repubblica non può permettersi di scendere al mio livello. Ma non può definire “pestaggio mediatico” un’inchiesta giornalistica sul presidente della Camera. Scoprire gli altarini del Palazzo (da Mastella a Bertolaso, da Noemi alla D’Addario) è un insegnamento che ho appreso da “Repubblica” e dall'”Espresso”. Oggi rischiano di passare per censori nel nome dell’antiberlusconismo”.