Ciancimino: “Forza Italia frutto di un accordo tra Stato e mafia”

Ciancimino junior

“Mio padre mi spiegò che Forza Italia era il frutto della cosiddetta trattativa tra Stato e mafia”. Lo ha detto Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso di Palermo, Vito, deponendo al processo per favoreggiamento alla mafia a carico del generale dell’Arma Mario Mori.

Le reazioni non si sono fatte attendere. Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ha detto che Forza Italia “non ha mai avuto collegamenti con la mafia”, mentre sarebbe in atto “un tentativo di delegittimazione dell’azione del governo Berlusconi sempre in prima linea nella lotta a Cosa Nostra”.

Pier Ferdinando Casini ha affermato che “in questi 15 anni più volte la politica mi ha diviso da Silvio Berlusconi e più volte ho polemizzato con lui, come sanno tutti gli italiani. Ritenere però che Forza Italia sia prodotto della mafia significa non solo offendere milioni di elettori, ma soprattutto falsificare profondamente la realtà. Non ha futuro un Paese in cui la politica si fa usando queste armi”.

Ciancimino ha parlato dei possibili legami tra Forza Italia e la mafia citando un pizzino, depositato agli atti del processo, e che a suo dire sarebbe stato indirizzato dal boss Bernardo Provenzano a Silvio Belusconi e Marcello Dell’Utri. Nel foglietto Provenzano avrebbe parlato di un presunto progetto intimidatorio ai danni del figlio di Berlusconi. “Intendo portare il mio contributo – si legge nel pizzino – che non sarà di poco conto perché questo triste evento non si verifichi. Sono convinto che Berlusconi potrà mettere a disposizione le sue reti televisive”.

“Mio padre – ha spiegato il testimone illustrando il biglietto – mi disse che questo documento, insieme all’immunità di cui aveva goduto Provenzano e alla mancata perquisizione del covo di Riina era il frutto di un’unica trattativa che andava avanti da anni. Con quel messaggio Provenzano voleva richiamare il partito di Forza Italia, nato grazie alla trattativa, a tornare sui suoi passi e a non scordarsi che lo stesso Berlusconi era frutto dell’accordo”. Il testimone ha anche spiegato che la prima parte del pizzino, che lui custodiva sarebbe sparita.

Nel corso della sua deposizione, Ciancimino ha depositato il passaporto rilasciato al figlio dieci giorni dopo la nascita. Secondo il teste il documento sarebbe stato ottenuto grazie al signor Franco, l’agente dei servizi segreti che per oltre trent’anni sarebbe stato protagonista, nell’ombra, della cosiddetta trattativa tra mafia e Stato. Il rilascio del passaporto a un bambino di soli dieci giorni, prassi insolita, ottenuto grazie allo 007, dimostrerebbe il legame tra il teste, suo padre e l’agente dei Servizi.

A sorpresa, poi, ha consegnato in aula una lettera scritta dal padre, l’ex sindaco mafioso di Palermo, indirizzata per conoscenza a Silvio Berlusconi. Il documento, di cui i pm e la difesa non avevano conoscenza , è stato ammesso dai giudici. La lettera redatta dall’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino e indirizzata a Dell’Utri e, per conoscenza, a Silvio Berlusconi, è la rielaborazione di un “pizzino” scritto da Bernardo Provenzano agli stessi destinatari e già agli atti del processo Mori. Nella lettera c’è una parte che coincide con quella scritta da Provenzano e relativa a un tentativo di intimidazione al figlio di Berlusconi e alla necessità che il politico metta a disposizione alcune sue reti tv.

Nella rielaborazione di Ciancimino, però, c’è una parte nuova in cui si legge: “Se passa molto tempo e ancora non sarò indiziato del reato di ingiuria sarò costretto a uscire dal mio riserbo che dura da anni”. Secondo il testimone, che riferisce quanto saputo dal padre, si trattava di una sorta di minaccia al premier. L’ex sindaco lo avvertiva che avrebbe potuto raccontare quanto sapeva sulla nascita di Forza Italia.

Poi, Ciancimino denuncia: “Dopo che venne resa nota una mia intervista dalla quale in qualche modo emergeva il mio ruolo nella cattura di Riina, l’agente dei Servizi, che io conoscevo col nome di Franco, mi invitò a non parlare più di certe vicende perché tanto io non sarei mai stato coinvolto e non sarei mai stato chiamato a deporre. Cosa che avvenne visto che fino al 2008, quando decisi di collaborare con i magistrati, nessuno mi interrogò mai”.

E quando il pm Antonino Di Matteo gli mostra delle fotografie della casa al mare in cui ha trascorso la prima estate dopo la nascita del figlio Vito Andrea, Massimo Ciancimino si commuove e chiede di fare una pausa. Nelle foto, scattate l’anno scorso dalla Procura dopo l’indagine avviata sulla trattativa tra Stato e Cosa nostra, si intravede anche la cassaforte al cui interno c’era il “papello” con le richieste del boss Riina.

“Mio padre concordò false versioni sui suoi incontri con i carabinieri e sulla trattativa da dare ai magistrati di Palermo”, ha anche aggiunto Ciancimino. Il testimone ha raccontato che il padre, che rese dopo il dicembre del ’93 una serie di interrogatori ai pm di Palermo, avrebbe concordato versioni edulcorate da dare ai pm sia sul contenuto degli incontri avuti con i carabinieri del Ros, Mori e De Donno, sia sulle date in cui incontri erano avvenuti. ”Concordarono – ha aggiunto – di posticipare le date delle visite dei militari a mio padre a dopo la strage di Via D’Amelio”. Secondo, invece, il testimone, i militari del Ros cominciarono il loro dialogo con l’ex sindaco nel maggio del ’92, dopo la strage di Capaci.

E non sono mancate le reazioni alle dichiarazioni di Ciancimino jr.

Il Guardasigilli Angelino Alfano, interpellato dai cronisti a margine del terzo congresso nazionale della Uil-Pa, premette di non voler esprimere un suo giudizio rispetto a quando dichiarato da un teste, Massimo Ciancimino jr, nel corso di un processo. Tuttavia Alfano ricorda di aver militato in Forza Italia sin dal ’94, ricoprendo diversi incarichi in Sicilia: “Mai e poi mai abbiamo avuto la sensazione che la nostra storia, questa grande storia di partecipazione che ha emozionato milioni di persone in Sicilia e altrove, possa aver avuto collegamenti con la mafia”. Alfano sostiene inoltre che “il governo Berlusconi con le leggi antimafia ha fatto esattamente il contrario di ciò che prevede il papello”.

Dal momento che poi «la mafia non teme dibattiti e convegni ma teme la confisca dei beni e il carcere duro, abbiamo – ha aggiunto – fatto una guerra alla mafia con la normativa di contrasto più duro dai tempi di Falcone e Borsellino. Tanto è vero che il modello Italia è diventato esempio per i paesi del G8».

“Non vorrei – ha dunque sottolineato Alfano – che vi fosse da più parti un tentativo di delegittimazione dell’azione di un governo che contrasta la mafia. La mafia non sempre sceglie la via dell’assassinio fisico, ma a volte quella delle delegittimazione”. Durante la sua deposizione, Ciancimino ha dichiarato infatti che “Forza Italia è il frutto della trattativa tra lo Stato e Cosa nostra dopo le stragi del ’92”.

A riferirglielo sarebbe stato il padre Vito Ciancimino, che secondo il figlio avrebbe avviato dopo il maggio del 1992 la trattativa con i carabinieri da un lato e i boss mafiosi dall’altro. L’argomento è stato affrontato dal teste nel corso della spiegazione di un pizzino, depositato agli atti del processo, e che a suo dire sarebbe stato indirizzato dal boss Bernardo Provenzano a Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri.

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