Arresti clan Parisi: politici, avvocati, bancari. Ecco la “rete” della mala barese

Elvira Savino

A Bari c’era una rete di interessi illeciti che interessava non solo la malavita locale, ma aveva “infettato” anche gli apparati politici e i cosiddetti “colletti bianchi”, avvocati e banchieri: la Procura antimafia del capoluogo pugliese ha scoperchiato questo “sistema”. Finora sono state arrestate 83 persone, ma l’inchiesta coinvolge un numero più ampio di persone.

Per quanto riguarda la malavita, l’operazione ha portato all’arresto di “Savinuccio” Parisi e Antonio Di Cosola, due dei maggior esponenti della criminalità cittadina. Secondo l’accusa erano loro, in particolare Parisi, a tenere le “redini” dell’organizzazione. Tuttavia, dopo il primo interrogatorio da parte dei pm, i due hanno taciuto.

I pubblici ministeri erano interessati in particolare al “testamento” di Michele Labellarte: morto per un male incurabile nel settembre scorso, Labellarte è ritenuto dalla Procura l’uomo che avrebbe riciclato tre milioni di euro ricevuti dal clan Parisi in attività immobiliari.

Attorno alla posizione di Labellarte, condannato per bancarotta ma indicato come “riciclatore” della mala, ruotano quelle dei politici e dei professionisti indagati per utilizzo di danaro di provenienza illecita.

Per quanto riguarda i politici, il nome più rilevante al vaglio degli inquirenti è senza dubbio quello di Elvira Savino, deputato del Pdl molto vicina a Berlusconi: il premier fu addirittura il suo testimone di nozze.

In base all’accusa, la Savino sarebbe stata interessata ad un progetto di edilizia universitaria ideato dalla mafia barese con denaro riciclato all’estero: una maxi opera in grado di accogliere fino a 3.500 studenti. Secondo il giudice per le indagini preliminari, Giulia Romanazzi, «nell’affare universitario la deputata su sollecitazione di Labellarte si sarebbe attivata a presentare il progetto al ministero dello Sviluppo Economico ed al ministero dell’Istruzione».

L’opera edilizia in questione ha portato al coinvolgimento anche di amministratori pubblici del Comune di Valenzano: i nomi tirati in ballo dalla Procura sono quelli dell’ex vicesindaco Donato Amoruso e dell’assessore Vitantonio Leuzzi, che si sarebbero adoperati per agevolare l’iter burocratico legato all’approvazione delle concessioni, con la promessa di partecipare agli utili frutto della vendita dei beni realizzati.

Ma soprattutto l’ “affaire” universitario ha coinvolto alcuni avvocati molto “in vista” nel capoluogo regionale: Gianni Di Cagno e Onofrio Sisto sono stati sospesi dalla loro attività con l’accusa di concorso nel reimpiego di denaro sporco per non aver rispettato gli obblighi di segnalare le attività sospette alle autorità competenti. Secondo la Procura antimafia, insomma, i due sapevano dei contatti tra Michele Labellarte e alcuni esponenti della mala barese.

Per l’accusa i due, insieme al civilista Giacomo Porcelli, erano consapevoli sia della bancarotta fraudolenta della società New Memotech srl e della frode fiscale della società Let’s Start, per le quali Labellarte era stato condannato con sentenza definitiva, sia che su Francesco Labellarte (figlio di Michele) erano in corso indagini per riciclaggio.

Porcelli poi si sarebbe interessato per avere finanziamenti bancari, di individuare possibili finanziatori del progetto di edilizia universitaria, di reperire progettisti che avessero agganci con la Regione Puglia.

La figura di Labellarte torna centrale nell’accusa contro sei direttori di banca: secondo l’accusa, i sei hanno consentito l’apertura di conti correnti intestati a prestanome per agevolare l’attività di riciclaggio di Michele Labellarte. In base alle prove raccolte nei loro confronti, si evincerebbe che i funzionari sapevano della bancarotta di cui era stato protagonista Labellarte e di una ingente evasione Iva.

I sei indagati sono: Salvatore Biscozzi, Gaetano Barone, Grazia De Carne, Domenico Perrone, Beniamino Piombarolo e Francesco Lovecchio.

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Alberto Francavilla