ROMA – Conte su Ilva: “Saremo inflessibili”. Inflessibili come? Il presidente del Consiglio con fare stentoreo assicura che Arcelor Mittal non se ne può andare, non può mollare l’impianto di Taranto e gli altri che ha in carico (in affitto) in Italia. Quindi il “saremo inflessibili” nel far rispettare il contratto.
Ma, proprio come accade a quelli che stanno in affitto, se davvero se ne vogliono andare e lasciare l’appartamento, in qualche modo alla fine se ne vanno e nessuno li tiene. Per quel che vale l’opinione di chi conosce le carte e la giurisprudenza in merito è a grande maggioranza che, quando si andrà in Tribunale, Arcelor Mittal avrà buone probabilità di vincere. Molto, molto probabile che si vada in Tribunale se Arcelor Mittal fa sul serio.
E molto, molto probabile che il “saremo inflessibili” di Giuseppe Conte poggi sull’ipotesi, sul calcolo, sulla tattica e strategia secondo le quali Arcelor Mittal non fa sul serio. Conte, in ottima sintonia con la cultura e prassi operativa della politica italiana di governo e di opposizione, così ragiona: nessuno fa davvero mai sul serio, questi vogliono solo trattare, fare scena, mettere paura…
Conte pensa, per così dire, che Arcelor Mittal sia un interlocutore politico, di quelli con i quali si fa a braccio di ferro molto pubblico e vistoso, molto recitato, wrestling. Non pare al momento che Conte percepisca che Arcelor Mittal è un’azienda, una multinazionale, qualcosa non di rito italico, qualcosa che non fa scena per sedersi a un tavolo. La prova provata che Conte e il governo non percepiscono di cosa si tratta è che il “saremo inflessibili” del premier di fatto coincide con il “No al ricatto di Arcelor Mittal” pronunciato da Emiliano presidente della Puglia. Pensano Arcelor sia un avversario politico, qualcosa che si sfida e si piega sui social e in tv.
Saremo inflessibili di Conte è dentro questa logica. A fianco di questa logica c’è altro nella politica italiana: il non detto (anzi qualcuno comincia dirlo) secondo cui se poi Arcelor Mittal fa sul serio…ci fa un baffo. Sempre Emiliano arriva a dire che lui lo sapeva due anni fa che Arcelor Mittal avrebbe mollato, lo sapeva da prima che Arcelor Mittal prendesse l’ex Ilva. Forse lo sapeva perché era certo che lui stesso avrebbe contribuito a rendere impossibile la vita aziendale e produttiva ad Arcelor Mittal? Comunque un bel po’ di M5S locale e nazionale e tutta Leu cominciano a dire che se Arcelor saluta, tanti saluti.
Si troveranno altri compratori, altri che vorranno gestire la siderurgia italiana. Non uno sguardo da parte di questi ottimisti al mercato mondiale dell’acciaio, non un secondo della loro attenzione a quel che pure è evidente: Arcelor Mittal a Taranto ci perde, ci perde soldi, tanti. Si dice che Arcelor voglia mollare, abbia deciso di mollare non solo perché ad ogni accensione di interruttore rischia avviso di garanzia e indagine e blocco da parte della Magistratura locale. Si legge che in prospettiva c’è certa e grande perdita industriale e finanziaria. Si sa che per stare in piedi l’ex Ilva di taranto dovrebbe produrre quantità di acciaio che non può produrre sia perché non ha il cosiddetto scudo penale per farlo mentre ancora è in corso il risanamento ambientale, sia perché non saprebbe, non c’è nel mondo a chi venderlo.
Ma la politica italiana, di governo e di opposizione, Conte in testa, non presta attenzione a queste minuzie pratiche. Tutti sicuri o quasi che un altro si troverà che ci mette o butta soldi, d’altra parte non facciamo anche noi, partiti di governo e di opposizione, ogni volta così? Ci mettiamo e ci buttiamo soldi, magari a deficit. E’ questa la politica industriale, l’unica e generale politica industriale che unisce da Salvini-Meloni fino a Di Maio-Lezzi-Emiliano.
Non prendono neanche in considerazione che Arcelor Mittal non sia un’entità politica. Vanno di “saremo inflessibili”. Due parole quelle di Conte che ricordano, somigliano come gocce d’acqua ad altre due parole sempre di Giuseppe Conte: ricordate “l’anno bellissimo”? Ecco “saremo inflessibili” e “anno bellissimo” hanno la stessa consistenza. Tigri di carta si diceva una volta, flatus vocis avrebbero detto i romani.