Inasprire le norme sulla corruzione «estendendo l’ineleggibilità a tutti i corrotti». È questala proposta di Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia della Camera, che in una intervista a Repubblica spiega che è questa la novità introdotta da Gianfranco Fini, perché proprio la corruzione, che è «un reato odioso, non di rado rimane privo della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici».
La proposta del Pdl del «criterio del rinvio a giudizio – spiega – è un buon punto di partenza. Ma è solo un inizio». La Bongiorno ricorda che «la parola candidato trae origine dalla toga candida con la quale chi concorreva alle cariche si presentava in pubblico. Il candidato – aggiunge – dovrebbe essere una persona dalla condotta esemplare».
E, a suo giudizio, dovranno essere i partiti a farsi carico del problema «con codici etici rigorosi», perché la legge da sola «non può bastare». Il ddl anti-corruzione per Bongiorno andrebbe rimpolpato con una modifica «della turbata libertà degli incanti» che andrebbe estesa «anche alla responsabilità degli enti».
Un disegno di legge, comunque, «non è una bacchetta magica se non funziona il processo penale». Corruttori e corrotti devono sapere, per l’esponente del Pdl, che lo Stato «sarà in grado di processarli» con «pene adeguate e che non ci saranno amnistie, indulti né liste elettorali in cui rifugiarsi».