Di fronte a una crisi economica “sorprendentemente tenace”, serve un impegno comune “di ogni parte politica”, e soprattutto servono “riforme che producano crescità”, per affrontare efficacemente l’emergenza-lavoro, e una “politica orientata ai figli” – con provvedimenti come il quoziente familiare – senza la quale l’Italia andrà incontro a “un lento suicidio demografico”. Ha usato toni drammatici il cardinale presidente della Cei, Angelo Bagnasco, aprendo in Vaticano i lavori della 61/a assemblea generale dei vescovi italiani, nel dare voce al suo appello per un impegno bipartisan contro gli effetti della crisi e per politiche adeguate a favore della famiglie e dell’occupazione.
Il Paese rischia il suicidio demografico. Oltre il 50% delle famiglie oggi è senza figli, quelle con figli per quasi la metà ne hanno uno solo, il resto due e solo il 5,1% ne ha tre o più: è quanto fa dire a Bagnasco, nella prolusione, che “l’Italia sta andando verso un lento suicidio demografico”, contro il quale “urge una politica che sia orientata ai figli, che voglia da subito farsi carico di un equilibrato ricambio generazionale”. Il capo dei vescovi chiede “ai responsabili della cosa pubblica” iniziative urgenti e incisive”, e anche se c’é la crisi ‘questo è paradossalmente il momento per farlo”, perdurando “una condizione di pesante difficoltà economica” dalla quale bisogna tentare di uscire attraverso parametri sociali nuovi e coerenti”. Per Bagnasco, è il quoziente familiare “l’innovazione che si attende e che può liberare l’avvenire della nostra società”.
Il lavoro “è tornato ad essere una preoccupazione che angoscia e per la quale chiediamo un supplemento di sforzo e di cura all’intera classe dirigente del Paese: politici, imprenditori, banchieri e sindacalisti”. Il presidente della Cei, dopo il crac di un Paese come la Grecia, sottolinea come i provvedimenti adottati in sede Ue “hanno da un lato – pare – arrestato lo scivolamento verso il peggio, dall’altra però stanno imponendo nuove ristrettezze a tutti i cittadini”. L’appello ai “responsabili di ogni parte politica” è a “voler fare un passo in avanti” puntando al “responsabile coinvolgimento di tutti nell’opera che si presenta sempre più ardua”. E se si dice che “l’uscita dalla crisi non significherà nuova occupazione”, questa è “una ragione decisiva” per procedere “senza indugi” a “riforme che producano crescita”, a mettere in campo risorse per gli investimenti, a sostenere le pmi, l’artigianato, la ricerca, il turismo, l’agricoltura, il mondo cooperativistico.
“L’unità del Paese resta una conquista e un ancoraggio irrinunciabili, ha detto Bagnasco: “ogni auspicabile riforma condivisa, a partire da quella federalista, per essere un approdo giovevole, dovrà storicizzare il vincolo unitario e coerentemente farlo evolvere per il meglio di tutti”. Il capo della Cei ha ripetuto che la Chiesa non risparmierà “energie morali né culturali” per partecipare al “significativo anniversario” dei 150 anni dell’Unità d’Italia. “E’ ‘l’interiore unita” e la consistenza spirituale del Paese ciò che a noi vescovi oggi preme”, ha detto Bagnasco, secondo cui i cattolici “continueranno a sentirsi, oggi come ieri, oggi come nel 1945 all’uscita dalla guerra, oggi come nel 1980, nella fase più acuta del terrorismo, tra i soci fondatori di questo Paese”.
Il presidente della Cei, per il quale nella storia unitaria e anche nella “questione romana” “la Provvidenza guidò gli eventi”, ha anche auspicato che “i 150 anni dall’unità d’Italia si trasformino in una felice occasione per un nuovo innamoramento dell’essere italiani, in una Europa saggiamente unita e in un mondo equilibratamente globale”.