Si sente vittima di ”un grossolano trappolone” il presidente della Corte d’Appello di Salerno Umberto Marconi. Quel rapporto dei carabinieri citato da un quotidiano, che gli appiccica addosso il ruolo di stratega del dossier ai danni del governatore campano Stefano Caldoro nell’ambito dell’inchiesta sulla cosiddetta P3, è un oltraggio difficile da accettare per l’ex segretario dell’Unicost, la corrente moderata della magistratura.
Per questo ha già chiesto al Csm di essere trasferito ad altra sede ”non avendo più la serenità necessaria per svolgere qui le mie funzioni”. Marconi ne ha parlato nel corso di una conferenza stampa convocata a Salerno: ”Sono stato definito stratega dell’operazione e collettore con gli organi giudiziari – ha ricordato – non conoscendo Cosentino né Verdini. Chiederò conto agli inquirenti romani di cosa è successo, non posso accettare che venga infangata la mia dignità e trent’anni di carriera”.
Due le contestazioni mosse dal giudice: ”Mi viene attribuito il ruolo di regista del dossier per una telefonata fatta ad Arcangelo Martino dove chiedevo un appuntamento per conto di Ernesto Sica (accusato di essere tra gli artefici del dossier e all’epoca impegnato per accreditarsi come candidato governatore) che si era rivolto a me per capire che se Martino millantasse o meno le sue conoscenze. In quella intercettazione delle 18.40 del 22 gennaio scorso dico a Martino che ‘vorrei capire’ e fissiamo un appuntamento per il giorno dopo in un bar di Napoli.
L’interpretazione che i carabinieri danno di quella conversazione è che io fossi a conoscenza dell’attività di dossieraggio. Ma c’è un evidente incongruenza nell’interpretazione. Dall’ordinanza di custodia cautelare di Martino, Carboni e Lombardi si evince che l’attività di dossieraggio al 22 gennaio non era ancora cominciata. Se ne comincia a parlare solo i primi di febbraio, avendo poi il suo culmine tra il 9 e 10 febbraio. Come facevo a sapere qualcosa che non c’era ancora?”.
La seconda contestazione riguarda la localita’ da cui sarebbe partita la telefonata: ”Secondo Repubblica, che cita un rapporto dei carabinieri, la telefonata parte dal mio ufficio di Salerno. Cio’ non puo’ essere vero, dal momento che sono in ufficio dal lunedì al giovedì e comunque mai il venerdì. Se la circostanza fosse confermata sarebbe un falso di una gravità enorme”.
Di qui la conclusione: ”Mi hanno voluto fare un grossolano trappolone” dove – secondo Marconi – c’è lo zampino ”di qualche manina deviata dei carabinieri per creare un’artificiosa antitesi tra la procura di Napoli e gli uffici di Salerno tra pro e contro Cosentino”. Sulla matrice del trappolone Marconi avanza un paio di ipotesi: ”Una interna ai vertici dei carabinieri, l’altra riconducibile ad un parlamentare del Pdl molto vicino ai Servizi. D’altronde – spiega – durante la mia attivita’ me ne sono fatti di nemici”.
Marconi, che ha nominato l’avvocato Alfonso Stile suo legale di fiducia, ha detto di essere in attesa di poter spiegare le proprie ragioni agli inquirenti qualora volessero sentirlo.