Non so quanti l’abbiano letto, spero molti perché è stato l’unico a scriverlo: “La reazione più sorprendente alla triste vicenda di Cuffaro è la nostra sorpresa nel vederlo entrare in carcere”. Paolo Mastrolilli, l’autore dell’articolo su La Stampa che stiamo citando, non ce l’ha con l’ex governatore della Sicilia, non intona nessun “finalmente”, non festeggia per questa galera e, come tutti, riconosce a Cuffaro una rimarchevole dignità di comportamenti. Mastrolilli, parlando di Cuffaro, in realtà parla di noi, di noi tutti, di noi italiani che stupiamo di fronte al fatto che un politico, un potente, vada davvero in galera dopo la definitiva condanna. Stupiamo, perché da noi non succede, non usa, appare al tempo stesso inconsueto ed “esagerato”.
Altrove va diversamente, un “altrove” che è vasto quasi quanto tutto il resto d’Occidente. Mastrolilli fa un paio di esempi: il 10 gennaio scorso una Corte del Texas ha condannato a tre anni di prigione l’ex leader della maggioranza repubblicana al Congresso, Tom Delay. Come se da noi avessero condannato Gasparri o Cicchitto. Aveva raccolto 190mila dollari da aziende private e ci aveva finanziati candidati locali facendoli apparire come soldi del partito. E’ stato condannato per riciclaggio, era il terzo politico più importante d’America. Il giudice Pat Priest lo ha mandato in galera, galera per davvero. E nessuno negli Usa si è sorpreso o ha gridato allo scandalo, o si è commosso. In Gran Bretagna il 7 gennaio è finito in prigione l’ex parlamentare laburista David Chaytor. Condannato a 18 mesi di galera per aver incassato 20mila sterline di rimborsi spese non dovuti. Aveva ammesso, chiesto scusa e promesso di restituire. Il giudice Saunders lo ha mandato in galera, galera vera. E nessuno ha trovato la cosa men che ovvia e naturale.
Da noi no, da noi Cuffaro in galera fa sensazione. Appare quasi eroico il suo civile e civico comportamento: costituirsi dopo la condanna definitiva. Cuffaro che nella sua vicenda politica ha avuto contatti a rischio mafioso, contatti e relazioni che tre Corti hanno giudicato illeciti, contatti probabilmente inevitabili o quasi nella situazione “ambientale” siciliana, comunque contatti accertati e puniti dalla legge. Cuffaro va in galera e soprattutto la accetta e questo letteralmente stupisce gli italiani. Stupore che è fatto in parte dalla diffidenza verso la legge che in Italia raramente punisce davvero i politici e i potenti. Stupore da “esterni” a uno Stato a una vita pubblica percepiti come non uguali per tutti. Stupore, diciamo così, “passivo” di fronte a un mondo da sempre “storto”. Ma anche, se non soprattutto, stupore “attivo”, cui i tantissimi che lo provano attivamente partecipano. “Ma che, sul serio?”. E’ la frase che si scambia e che ricorre nelle conversazioni “alte e basse”, pubbliche e private, sui giornali e a casa. Più o meno le stesse parole che ci si scambia quando si è increduli e allarmati. Da noi il “ma che, fai sul serio?” è preannuncio di ostilità. “Fare sul serio” è attentato al regolare svolgimento della vita associata, “fare sul serio” è quasi un’imputazione, un’offesa. Cuffaro si è comportato e si comporta come un cittadino e questo ci stupisce, a prescindere dal fatto se sia colpevole o innocente. Possiamo pensare il “martire” o “l’infame”, ma il cittadino fatichiamo anche a concepirlo.
