Giovedì sera, primo servizio della trasmissione “Annozero”, sei milioni di italiani a guardare in tv: una giovane donna in un parco, una bimba di forse due anni in tutina rosa che le si aggrappa alla gonna mentre lei parla. Parla preciso e con una calma che stupisce e commuove, è in attesa di un secondo figlio, era un’operaia della Omsa, guadagnava 950 euro al mese. Ora è in cassa integrazione, poco più di 700 euro al mese. In cassa integrazione perchè l’Omsa è andata a produrre in Serbia dove pagano gli operai 400 euro al mese. Dice la donna: “Beati loro che li prendono quei 400, l’anno prossimo finisce la cassa integrazione e io non prenderò più nulla”. Il marito della donna è in cassa integrazione “straordinaria”, campano, anzi sopravvivono in due, anzi in tre e quattro che stanno per diventare con poco più di mille euro al mese, mille oggi, domani forse nulla. “Ci aiuta mia suocera, andiamo a mangiare da lei, per fortuna. E’ umiliante. E mi prende un vuoto dentro quando la mia bambina davanti a una vetrina…Non posso comprarle nulla”. Come questa donna di Faenza sono settecentomila in Italia, cui vanno aggiunti quelli che il posto di lavoro negli ultimi due anni l’hanno perso definitivamente e hanno esaurito la loro cassa integrazione. Per non contare i precari, gli ex precari e ormai disoccupati per cui la cassa integrazione non c’è stata e non c’è.
In studio con Santoro ci sono Bersani, Epifani, Gianni Riotta direttore del Sole 24 ore, il governatore della Lombardia Formigoni. Tutti concordano che quello è “il” problema: il lavoro che non c’è, il lavoro che sparisce, il lavoro che probabilmente non tornerà più. E tutti concordano che occorre fare qualcosa. Già, ma cosa? Seguono ipotesi, appelli, analisi, impegni. Tutti più o meno sensati, tutti onesti nelle loro intenzioni. Ma c’è qualcosa che non torna, non torna mai. Qualcosa che nessuno dice perchè nessuno osa mai pensarla. Una riforma: in Germania l’hanno messa in Costituzione, cioè ne hanno fatto una legge fondamentale del vivere insieme. In Italia è una riforma figlia di…nessuno.
In Germania hanno messo in Costituzione che il paese non può indebitarsi più di tanto, nessun governo lo potrà fare. E’ Costituzione, cioè una regola inderogabile. Regola che hanno voluto i partiti politici e regola che ha voluto la gente. In Italia è una riforma che non ha mai proposto nessuno. Lo stop costituzionale al debito non fa parte della “narrazione” vendoliana di un’Italia più giusta. Eppure dovrebbe: fermando il debito si difende il salario. Lo si pone al riparo dall’inflazione, lo si asciuga dal sovraccarico fiscale. E fermando il debito si difendono i posti di lavoro, costano di meno in Italia e diventa meno conveniente spostarli in Serbia o altrove. Ma Vendola questo non lo “narra”.
E lo stop costituzionale al debito asciuga l’acqua in cui navigano i pesci dello sperpero del pubblico denaro, i “pesci” piccoli e grandi della corruzione e della clientela. La spesa pubblica non è più discrezionale e “politica”, così si tagliano le mani a chi la intercetta, la gonfia, arricchisce e corrompe. Eppure Di Pietro che pure infuria contro il “malaffare” di stop costituzionale al debito mai ha parlato. E lo stop costituzionale al debito sarebbe l’abito perfetto per un Pd riformista, sarebbe, potrebbe essere il suo biglietto da visita all’Italia, sarebbe il connotato di un’alternativa di governo, sarebbe il contorno preciso dentro il quale individuare interessi da privilegiare e altri da colpire, al di là e al di spora del cosiddetto “antiberlusconismo”. Ma il Pd non ne parla, non ci pensa, nel migliore dei casi pensa sia una chimera. In realtà teme possa essere un boomerang perchè se fa bene al salario, “tocca”, eccome se tocca, il gigantesco “stipendio” elargito dalla spesa pubblica a gruppi sociali vicini al Pd. Nè lo stop costituzionale al debito interessa e riguarda il moderatismo dell’Udc di Casini. Moderati in tutto, tranne che nella spesa incontrollata e smodata.
Fin qui l’opposizione, e la maggioranza? Quelli di Fini sono appena nati, ma subito si sono segnalati come quelli della spesa, per il Sud, per il pubblico impiego, per i ricercatori precari. Dicono di voler essere la versione italiana della destra europea, quella delle regole e dell’ordine. Ma la destra europea in Europa fa cose simili allo stop costituzionale del debito in Germania. Il Pdl di Berlusconi neanche se lo sogna, assedia Tremonti che non fa altro debito. Assedia e mugugna: il Pdl vive nella e della idea che debito faccia consenso. Altro non sa e non vuole sapere. La Lega sì che è per bloccare il debito, quello delle Regioni del Sud. Per il Nord, dove governa, fabbrica debito piccolo e grande, da quello delle quote latte fino a quello della spesa regionale. Ci sarebbe anche la Destra di Storace, sta in maggioranza. A domanda sullo stop costituzionale al debito risponderebbe: “De che..?”.
Allora i sindacati, Confindustria? Per Cgil, Cisl, Uil e Ugl, per una volta unite, sarebbe una terapia che uccide il paziente. Vengono tutti da decenni in cui hanno affinato e sviluppato la funzione e missione di allargare il debito e redistribuirne, magari all’indirizzo giusto di pensionati e lavoratori, i vantaggi che una volta c’erano. Chiedere loro di combattere il debito è chiedere loro di andare contro natura e cultura. E Confindustria? In Confindustria lo sanno che i tedeschi fanno bene, ma, qui in Italia? Non ora, non si può fare: le imprese non camminano da sole senza la stampella del sostegno pubblico diretto o indiretto, prima c’è la scarsa produttività, la “tassa sistema”, la jungla fiscale…
In Germania hanno scritto in Costituzione che nessuno potrà fare debito pubblico, sùbito, già tra pochi anni. E che la percentuale di deficit ammessa sarà annualmente minima. L’Italia non è la Germania, facciamo allora in Italia percentuali di deficit ammesse più larghe di quelle tedesche. E mettiamo lo stop costituzionale al debito ad esempio dal 2020. Sarebbe costruire, indicare un percorso, un traguardo a un paese che si sente, per ammissione di tutti, senza futuro. Sarebbe insieme costringere e convincere a non spendere più 80 miliardi annui “discrezionali”, cioè in mano alla politica che ci compra voti. Sarebbe costringere e convincere aziende e lavoratori a mettere insieme sul piatto salario da una parte e produttività dall’altra. Sarebbe, e non è poco, dire la verità: che i vecchi posti di lavoro perduti non tornano e che ne possono venire solo altri e diversi, finanziati non dai soldi di sempre ma da nuove competenze. Sarebbe dare un limite e una scadenza al costo della burocrazia. Sarebbe un vincolo virtuoso il sapere che nessuna tassa sarà chiamata a finanziare nessun ulteriore debito futuro. Sarebbe togliere i soldi alla corruzione come mai nessuna magistratura potrà fare.
Ma in Italia è una riforma figlia…di nessuno. In Germania i governanti e la gente l’hanno fatta per se stessi e per i figli, per non togliere ai figli il futuro. Da noi, il paese dei “figli pezzi di cuore” e delle mamme e dei figli di mamma, dei figli in concreto ce ne fottiamo. I nipoti poi chi li conosce, gli compriamo un giocattolo e gli lasciamo in eredità il debito che li soffocherà. Avranno, se fortunati, una casa lasciata dal nonno e nessun lavoro, sarà una nuova inedita miseria. In Germania quella riforma l’hanno messa in Costituzione, noi la sbattiamo sul marciapiede, infatti è figlia di…nessuno.