L’Italia “alla greca”: Napoli non paga gli stipendi, Roma alza le tariffe

Un debito di oltre 2 miliardi di euro nelle casse della Regione Campania. Al miliardo di deficit già scavato dall’ex governatore Bassolino, con lo sforamento del patto di stabilità, se ne aggiunge ora un altro. E’ la cifra del deficit stimato nella sanità. A lanciare l’allarme nei giorni scorsi il neo presidente della Regione, Stefano Caldoro, che paragona la Campania alla Grecia.

Stipendi bloccati per 10 mila dipendenti pubblici dell’Azienda sanitaria Napoli 1, la più grande d’Europa: 330 milioni di euro di fondi, di cui 68 quelli relativi allo stipendio mensile non erogato. Il tribunale di Napoli ha infatti disposto il pignoramento accogliendo il ricorso dei tanti creditori della Asl. Ovunque è un coro di proteste: all’ospedale San Paolo i primi a saltare sono stati gli interventi chirurgici non urgenti. In altri ospedali napoletani, come il San Gennaro, sono state sospese le prenotazioni. Ambulatori in tilt. L’associazione dei medici ospedalieri (Anaoo) è in agitazione.

Ma anche il Lazio non sta messo bene. Dal Comune di Roma arrivano le prime indiscrezioni sul bilancio che verrà presentato nei prossimi giorni (con un ritardo di 6 mesi): ma prima si aspetta l’approvazione della manovra del Governo che arriverà a giugno. L’unica certezza dal Sindaco è che “in quella sede si stabilizzerà il finanziamento di  500 milioni l’anno per pagare il piano di rientro”. Il sindaco Alemanno, ha compiuto da poco “due anni” alla guida del Campidoglio. Ieri centinaia di manifesti per celebrare il 28 aprile del 2008 recitavano “Roma all’attacco. La forza dell’identità”. Un attacco sì ma alle tasche dei contribuenti, secondo i maligni. “Rimoduleremo le tariffe che dovranno andare di pari passo con nuovi standard di servizi ai cittadini – dichiara Alemanno – d’ora in poi ci sarà un rapporto stretto tra costi e qualità”. Che in parole povere significa aumentare tutto: per viaggiare sui mezzi pubblici il biglietto da 1 euro attuale salirà a 1,20 (+20%). Colpite anche l’occupazione del suolo pubblico, la tassa sui rifiuti e l’Ici sulla seconda casa. Si parla addirittura di un deficit comunale pari a quasi dieci miliardi.

Alla faccia del federalismo ovunque si chiede l’intervento del Governo. Caldoro (Pdl) spiega che la Regione Campania è alle soglie del paradosso: “Se dovessimo applicare alla lettera le procedure del patto di stabilità le manovre di rientro dovrebbero attaccare anche le spese obbligatorie” e dunque gli stipendi. Caldoro ha parlato di un modello Grecia per la Campania e di una Regione in cui lui non può fare più nulla: niente investimenti tantomeno assunzioni.  Non c’è altra strada dunque che chiedere l’aiuto a Roma.

Dalla Capitale l’opposizione parla di una città bloccata: i consiglieri del Pd contestano alla giunta Almenanno il fatto che per la prima volta, nella storia di Roma, il bilancio non è stato ancora approvato. La Capitale è senza soldi per la manutenzione stradale, per gli impianti sportivi, per l’assistenza sociale. Una città in cui per restare a galla, spiegano dal gruppo consigliare del Pd, “sarà necessario alzare le tasse e mettere le mani nelle tasche dei romani”.

Di tutto questo, alla vigilia delle elezioni scorse si è venuto a sapere poco. I candidati non si sono confrontati sui risvolti del federalismo fiscale e soprattutto sulla sanità. In Regioni come il Lazio e la Campania, gravate da un vistoso deficit di bilancio nel settore sanitario, questo argomento era a dir poco scottante.

Il ministro della Salute, Ferruccio Fazio, a Verona, riguardo alla verifica compiuta sui piani di rientro dal deficit delle Regioni ha spiegato che “sono stati utilizzati i Fas (Fondi per le aree sottosviluppate) per ripianare 2 miliardi di euro nella sanità di 3 regioni: Campania, Calabria e Lazio. Un miliardo si riferisce alla Calabria, mezzo miliardo alla Campania e 420 milioni al Lazio”.

Dalle tabelle del Fondo Monetario Internazionale, pubblicate nel Global Financial Stability Report, nell’anno fiscale 2010 il rapporto deficit strutturale-pil italiano si attesterà al 3,5%, mentre il debito-pil al 118,6%. Nelle stesse tabelle si constata come Grecia e Portogallo siano i due Stati membri dell’area euro che presentano il maggiore rischio paese per gli altri Paesi della stessa Eurolandia. Segue a distanza la Spagna. Alle sue spalle c’è l’Italia.

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Robertar