ROMA – Sulla svolta al centro del finora inflessibile censore di Berlusconi, Antonio Di Pietro, molto interessante è la chiave di lettura, offerta dal commentatore politico della Stampa Marcello Sorgi. “Il sensitivo della politica”, lo chiama Sorgi nel suo editoriale. Si tratta di un riconoscimento delle capacità del leader dell’Italia dei Valori, di fiutare il vento e di sapersi ricollocare, ove opportuno, di conseguenza. Molti si sono interrogati sull’improvvisa sterzata di Tonino. Le immagini con lui che parlotta fitto fitto alla Camera con l’ex arci-nemico Berlusconi hanno suscitato una tempesta di interpretazioni. Molte anche malevole. Addirittura di un patto con il Cavaliere.
Per Sorgi, nonostante gli atteggiamenti folcloristici e il linguaggio volutamente terra terra, Di Pietro sa esprimersi eccome e fonda le sue scelte su un’analisi politica tutt’altro che disprezzabile. Anzi, probabilmente molto acuta. Il rebus della sua improvvisa conversione è possibile scioglierlo, secondo Sorgi, seguendo il suo talento istintivo nel non ripetere sempre gli stessi errori, tratto che lo distinguerebbe da molti soloni più qualificati della sinistra. Di Pietro non si illude, come questi ultimi,. che la caduta del berlusconismo preluda inevitabilmente alla affermazione del campo opposto. E’ già successo con la fine della prima Repubblica, che l’ex magistrato contribuì ad accelerare vestendo ancora la toga. Allora, come oggi, la “frana del campo berlusconiano …può contagiare anche quello del centrosinistra”.
Due sono i fattori decisivi che gli hanno fatto riscoprire le sue radici democristiane e centriste. Il successo imprevisto, travolgente di De Magistris a Napoli e la vittoria del referendum grazie a dieci milioni di elettori di destra disobbedienti. Di Pietro ci ha messo pochissimo a capire che importante è intercettare quell’elettorato in libera uscita. La sua offerta è post-ideologica, né di destra, né di sinistra, né di centro. Lui spariglia e si rivolge a quel sentimento di protesta senza etichette. Non crede al miraggio di un’uscita a sinistra dalla crisi di un sistema di potere. Lui “sente” che il declino del berlusconismo “non va scambiato con la crisi dell’opinione pubblica moderata e di centrodestra”.
