
ROMA – Dino Boffo: falso scoop del Giornale, condannato cancelliere Izzo. Era la talpa. Sulla vicenda del falso scoop con cui Il Giornale 5 anni fa innescò una campagna di stampa contro l’ex direttore dell’Avvenire Dino Boffo, c’è un primo punto fermo giudiziario. A Napoli è stato infatti condannato in primo grado a due anni Francesco Izzo, cancelliere in servizio al Casellario Giudiziario di Santa Maria Capua Vetere: era lui la talpa che, senza autorizzazione alcuna, estrasse illegalmente il 12 marzo 2009 la copia del certificato penale di Boffo.
A quella copia, che riportava la condanna del 2004 a una pena pecuniaria di 516 euro per la contravvenzione di “molestie alle persone” relativa ad alcune telefonate del 2001, venen aggiunta una informativa posticcia della polizia che alludeva a inesistenti moventi omosessuali. Lo scoop, alla fine una bufala, mirava, nelle intenzioni dell’allora direttore Vittorio Feltri (che ha ammesso di aver ricevuto una patacca della quale si è scusato pubblicamente) a screditare, con documenti inoppugnabili, il direttore di Avvenire che in tre diversi editoriali aveva impegnato il giornale dei vescovi in un attacco alla moralità di Berlusconi.
Il senso era: questo moralista non ha i titoli per fare la morale a chicchessia. Fece talmente scalpore la vicenda, e non per la presunta immoralità di Boffo, che “metodo Boffo” è diventato immediatamente sinonimo di killeraggio mediatico nei confronti degli avversari politici. Luigi Ferrarella riassume le modalità con cui la talpa è stata infine smascherata.
Incriminato dal pm Gregorio Scarfò, il cancelliere ha negato. Prima ha prospettato di aver dato in passato la propria password ad alcuni tecnici manutentori, che però lo hanno smentito. Poi ha detto che in ufficio si era soliti lasciare accesi i pc quando ci si allontanava, ma qui sono stati i colleghi a smentirlo. Incursioni dall’esterno sono state esclude da una consulenza tecnica, che ha inoltre rilevato come il cancelliere, 1 minuto prima e 2 minuti dopo la ricerca su Boffo, avesse fatto due interrogazioni tra i propri normali adempimenti d’ufficio. Resta da scoprire chi gli abbia commissionato l’intrusione, e sia poi stato l’«informatore attendibile, direi insospettabile», per dirla con le parole abbozzate da Feltri nel 2009 – che «mi consegnò la fotocopia del casellario giudiziario» in realtà stravolta dall’innesto della velina anonima. (Luigi Ferrarella, Corriere della Sera).
