Berlusconi non ha certo gradito e, giunto a colloquio, ha prima cercato di aggirare lo sbarramento preventivo, di ignorare almeno formalmente il pubblico rimprovero ricevuto. Poi la pazienza istituzionale del premier si è presto esaurita e Berlusconi ha invitato Napolitano a non mettersi di traverso. Perché lui procederà appunto come un treno e non intende frenare. Non sulle nuove leggi riguardanti la giustizia e la politica: reintroduzione dell’immunità per i parlamentari, esaurimento dei processi per mancata “brevità”, limiti all’uso delle intercettazioni nelle indagini. Su tutto questo il capo dello Stato non ha potuto che ricordare che è nel diritto del governo procedere. Nei limiti della Costituzione e nelle forme che la Costituzione prevede. Su tutto questo Napolitano, quali che siano i suoi giudizi sui singoli provvedimenti, non sarà contro parte del governo nè intende esserlo. Però il capo dello Stato ha spiegato a Berlusconi di non apprezzare lo “scuotimento” quotidiano cui il presidente del Consiglio sottopone le istituzioni. E qui il colloquio si è arenato perchè i due presidenti non parlano lo stesso linguaggio istituzionale.
Berlusconi ha detto di avere la maggioranza in Parlamento e quindi di essere legittimato a procedere. Napolitano ha preso atto. Importuno ma non casuale nel colloquio è apparsa una citazione della richiesta di elezioni anticipate che arriva dalle opposizioni: Casini e non solo Di Pietro. Berlusconi non si è allarmato ma Gianni Letta sì. I due si sono lasciati con reciproche raccomandazioni ma senza reciproche assicurazioni.
Qualche ora prima, nella disattenzione più o meno generale, il ministro Giulio Tremonti aveva fatto sapere che all’Italia sta bene il piano franco-tedesco di stabilizzazione finanziaria dell’Unione Europea. Piano a firma Merkel e Sarkozy che prevede tra l’altro due condizioni di stabilità che l’Italia già possiede: niente scala mobile tra inflazione e salari e allungamento dell’età pensionabile. Ma anche una terza condizione che l’Italia non ha e che muterebbe, se fosse introdotta, i connotati della vita politica e sociale italiane: il fissare in Costituzione un limite all’indebitamento pubblico. Chissà se Berlusconi, in altre faccende e cambiamenti della Costituzione indaffarato, ha avuto modo per valutare di cosa si tratta, di cosa l’Europa deciderà per tutti gli europei nel marzo che viene. Come Berlusconi, l’intera politica italiana e l’intera pubblica opinione stenta a prendere atto che sarà un marzo dei soldi e non solo dei processi celebrati o evitati. Forse la risposta alla domanda se Berlusconi la vince o la spacca è invece proprio lì, nel marzo dei soldi e non dei processi.