Election Day, la spallata del Pd salta per il radicale “dissidente” Beltrandi. Ira della Bindi

Marco Beltrandi

ROMA – Niente retromarcia sull’election day: il voto amministrativo rimane separato da quello referendario. L’ultimo tentativo per evitare quello che l’opposizione giudica uno spreco, sotto forma di tre distinte mozioni presentate dalle opposizioni, è stato respinto dal governo a strettissima maggioranza, due voti al massimo. E in casa Pd divampa la polemica attorno al radicale Marco Beltrandi che col suo “no” alla mozione ha fatto saltare la mozione.

La prima delle tre mozioni, quella del Pd,  è infatti stata bocciata per un solo voto di differenza (276 no e 275 si’), semplicemente perchè Beltrandi, in “dissenso politico” ha votato contro. Mentre erano pieni i banchi del governo, mancavano tutti i deputati del Pid, la formazione di Saverio Romano che appare in predicato per essere nominato ministro delle Politiche agricole al posto di Giancarlo Galan che passerebbe ai Beni culturali.

Alla successiva votazione, sulla seconda mozione sullo stesso tema, quella dell’Idv, sono arrivati di corsa Pippo Gianni e Michele Pisacane: il loro voto è stato decisivo per bocciare la mozione con 276 no contro 274 si’. Situazione sostanzialmente analoga sulla terza ed ultima mozione, quella dell’Udc: è stata respinta con 277 no contro 275 voti a favore. Dai banchi dell’opposizione mancavano i deputati delle Minoranze linguistiche.

Nell’occhio del ciclone, ovviamente, c’è soprattutto Beltrandi. Durissima Rosy Bindi: ”Credo che la scelta di Beltrandi sia gravissima: ci sono dei momenti nei quali la disciplina di un gruppo è fondamentale”. Sulla possibile espulsione del radicale dal gruppo la deputata non si sbilancia: ”Queste cose le decide il capogruppo”.

La difesa di Beltrandi: “Dissenso politico”. ”Il mio dissenso è politico, figuriamoci se intendo passare in maggioranza. Il dissenso dal gruppo ci può  essere ed invece il Pd, in una riunione lunedi’ sera, ha avuto una reazione verso di me che mi ha colpito negativamente”. Il deputato radicale Marco Beltrandi, dopo aver votato con la maggioranza contro l’election day, giustifica cosi’ la sua scelta che ha affossato la mozione del Pd. ”Io ritengo – spiega Beltrandi – che finche’ c’e’ il quorum l’abbinamento delle due date è un escamotage per raggiungere il quorum ma se si crea questo precedente, vuol dire che ogni governo potrebbe abbinare le date per pilotare l’esito del referendum. Il Pd non mi ha convinto ma io penso che debba essere consentito votare in dissenso ed invece il Pd si e’ indignato con me anche se in questa legislatura 22 parlamentari hanno lasciato il gruppo, alcuni si sono portati via pure le poltrone ma non ho visto la stessa reazione”.

I radicali: “E gli altri 12 assenti dell’opposizione?”. I radicali, pur precisando il loro orientamento a favore della mozione, difendono in parte Beltrandi:  ”Con riferimento alle votazioni di oggi sulle mozioni per l’accorpamento delle elezioni amministrative e dei referendum, la posizione della componente radicale, definita lunedi’ in una apposita riunione, e’ stata espressa a favore delle mozioni presentate dai gruppi di opposizione con la dichiarazione di Maurizio Turco. Riguardo al risultato di oggi e al voto in dissenso del radicale Beltrandi, cui si attribuisce la responsabilita’ di avere ‘salvato il Governo’, facciamo notare che nel gruppo del Pd erano assenti due deputati, 2 nell’ Idv e 8 in Futuro e Libertà. Per non parlare di coloro che dall’inizio della legislatura hanno lasciato i gruppi di opposizione e che adesso sostengono la maggioranza, e tra i quali non vi e’ nessun radicale”.

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Emiliano Condò