Premessa: questo commento è stato scritto da una persona che capisce di politica quanto un medio cittadino elettore, non ne conosce tutti i giochi e gli intrighi, ne ha una visione semplificata e magari anche ingenua.
Siamo milioni, da una parte e dall’altra dell’elettorato, molti anche in mezzo, quelli che hanno scelto di non votare più. Abbiamo idee radicate, da una parte e dall’altra e non basta un cambio di nome, da una parte e dall’altra, a farci cambiare idea. Avendo poco tempo per la politica politicante e alla lettura delle pagine dei giornali ad essa dedicate, guardiamo l’essenziale.
Siamo tutti gente normale, direi qualunque e rispetto alla politica abbiamo la stessa “span of attention”, capacità d’attenzione, che hanno i potenti con noi: ci giudicano sulla base di una impressione, di pochi minuti di contatto.
In questo senso noi verso i politici siamo potentissimi perché con il nostro voto, fino a quando ce lo lasceranno, possiamo decidere il futuro dei governi.
I politici però non sembrano preoccuparsi del nostro potere. Noi, quando ci prepariamo a un colloquio, badiamo a tutti i particolari, dalle scarpe alla cravatta alle cose che potremo dire e ci potranno chiedere.
Loro, i politici, invece no, proprio non li sfiora nemmeno il dubbio che noi li possiamo giudicare.
Lo spettacolo che oggi danno i partiti è indecente, dimostra una arroganza e una strafottenza fuori misura: le sceneggiate di Fini e il balletto dei due forni del partito di Casini ne sono clamorosi esempi, per non parlare della amara presa in giro messa in scena da Berlusconi e Tremonti sulle tasse: prima ci hanno illuso, poi ci hanno tolto la sedia da sotto, mentre già contavamo di quanto avremmo potuto disporre in più. Fortuna loro è che possono contare su elettori che ci credono veramente e sono quindi più propensi all’entusiasmo e meno alla delusione.
A sinistra, dove l’elettore è in genere più consapevole e anche più accorto, vengono i brividi. La scelta del Pd di candidare alle regionali in Lazio Emma Bonino non è speculare a quella di Berlusconi di lasciare il Veneto alla Lega, a cominciare dalle motivazioni. Quelle di Berlusconi sono trasparenti: se non lo avesse fatto, forse Bossi avrebbe fatto cadere il governo e comunque lo avrebbe sottoposto a un supplizio infinito su tutti i temi aperti, da quello delle riforme a quelli più personali.
Perché Bersani abbia deciso di candidare una radicale, questo, noi gente normale non lo abbiamo proprio capito. Persona degnissima la signora Bonino ma che c’entra il suo accento piemontese tra i borgatari del Lazio, come può competere con una camerata così di sinistra da fare anche la sindacalista come la Polverini?
Peggio ancora è quel che succede in Puglia, dove il torbido movimento delle acque della politica si muove tra affari e inchieste giudiziarie e dove, soprattutto, dovrebbero spiegare a noi comuni mortali perché non va più bene il governatore uscente Nichi Vendola: ha rubato? Non risulta. Ha perduto consensi? Non risulta. Forse perché è omosessuale? Anche Stalin gli omosessuali li mandava in Siberia, ma è morto più di mezzo secolo fa. Forse perché Vendola non è di discendenza comunista, anzi, viene dalla sinistra più estrema e questo non è mai stato gradito alle Botteghe Oscure (chi ricorda la scomunica del Manifesto?). Corrisponde al vero che in realtà è D’Alema che vuol fare della Puglia il suo feudo assoluto e da lì tirare i fili del partito?
Domande senza risposta, comportamenti contraddittori, soprattutto tradimento di un valore che sembrava distintivo della sinistra: le primarie.
Le primarie sono una scopiazzatura di quel che accade in America, in condizioni di democrazia, e soprattutto di democrazia di base e di federalismo molto diverse. Sono anche un relitto di un sistema elettorale nato dalla volontà degli italiani negli anni ’90 attraverso i referendum e poi stravolto di recente da Berlusconi, con il pieno appoggio della sinistra perché rimettendo nelle mani delle segreterie dei partiti la scelta dei candidati si imboccava quel percorso verso la dittatura che appare ormai in fondo al cuore non solo degli ex comunisti ma anche dell’ex liberale Berlusconi.
Accade così che noi cittadini siamo nella assoluta mancanza di possibilità di scegliere il nostro proprio rappresentante per nome e cognome e siamo invece costretti a scegliere solo un partito, magari conoscendo solo il nome del suo leader e dando vita quindi a un plebiscito degno del caudillo Chavez.
In questa situazione, le primarie assumevano il carattere di una designazione popolare, ci davano l’illusione di decidere qualcosa, di contare qualcosa e infatti si contavano a milioni i voti espressi.
Lascia l’amaro in bocca vedere che il nuovo segretario del Pd, nominato grazie a primarie che hanno di fatto reso inutile il voto dell’assemblea del partito, si comporti sul campo come un dittatorello, un po’ tentennante a dire il vero, tirato da tutte le parti, dai suoi grandi elettori che rilasciano interviste dal suono un po’ macabro e dai piccoli elettori che non si capacitano e allora qui fa le primarie, perché l’uscente Vendola, alla fine vuole misurarsi sul campo, e qui non le fa, perché l’uscente Marrazzo è già uscito travolto da uno scandalo che la sinistra avrebbe dovuto assorbire e giustificare, se sinistra fosse davvero.
E finora abbiamo parlato di elettori di destra e di sinistra. Ma il grosso di noi sta al centro, crede in valori che in quanto valori non possono stare tutti da una parte sola e giudica e sceglie in base alla impressione di capacità di sapere governare che un partito trasmette. Siamo quelli o i figli di quelli che votavano Dc alle elezioni politiche e Pci alle amministrative.
Non è una esclusiva italiana: così è in tutto il mondo, non siamo diversi dagli altri, siamo così e basta.
Di fronte a quel che i giornali ogni giorni ci prospettano cosa possiamo fare noi cittadini qualunque? Se ci azzardiamo a leggere con un po’ di attenzione le cronache politiche, le allusioni, le minacce, le insofferenze, fuggiamo terrorizzati, scegliendo alla fine che è meglio non andare a votare. E questo è ancor più brutto e pericoloso per la democrazia perché si rischia di finire nelle braccia di un duce, che, da come vanno le cose di questi tempi, in Italia e in Europa, non può certo essere di sinistra. All’occhio ex compagni.