ROMA – Elezioni anticipate: quando si vota? Per Renzi 11 giugno più vicino, ma senza Berlusconi… Salta il ballottaggio, resta il premio di maggioranza al partito che supera il 40% dei voti, non sono toccati capilista e plucandidature, ma viene fissato un limite importante: in caso di vittoria multipla, non si può scegliere il collegio in cui risultare eletto, ma interviene il criterio del sorteggio. E’ l’Italicum ‘riscritto’ dalla Corte Costituzionale, che lascia in campo una legge immediatamente applicabile. Un concetto, questo, che la Corte ha voluto esplicitare mettendolo nero su bianco nel comunicato ufficiale per non lasciare dubbi residui su un aspetto scontato per i giuristi, ma non per la politica.
I due fronti: attendisti e “voto subito”. C’è una legge quindi, ma allora quando si vota? Due sono i fronti (decisamente compositi): ai “subito al voto” (Pd di osservanza renziana, Lega, M5S e Fratelli d’Italia) con questa legge o con un rapido maquillage in Parlamento, si contrappongono gli “attendisti” (minoranza Pd, Sinistra italiana, Forza Italia, Ncd) che frenano sui tempi e chiedono modifiche puntando alla scadenza naturale della legislatura nel 2018. Per i primi la questione è “quando” votare (intendendo il prima possibile), per i secondi “come” per assicurarsi una legge elettorale che li garantisca.
16 settembre: due terzi dei parlamentari maturano il vitalizio. Non va dimenticato che due terzi dei parlamentari sono alla prima nomina: se il loro mandato si chiuderà entro giugno – dunque prima dei fatidici quattro anni sei mesi e un giorno in Parlamento – non avranno diritto al vitalizio. Ovvio che la tentazione di allungare i tempi esiste e infatti in molti pronosticano elezioni non prima del 16 settembre, giorno dal quale scatta la pensione a vita.
Ma nella proposta Pd per eliminare i vitalizi e trasferire i contributi nella gestione Inps come i comuni mortali (e stanare sul tema i grillini) c’è un asso nella manica: la possibilità di computare come anno intero ai fini della maturazione del diritto anche le frazioni di anno superiori a 6 mesi. Basterà restare in Parlamento fino al prossimo primo luglio e poi versare i contributi per i restanti 179 giorni non coperti dal mandato per aver diritto alla pensione.
I paletti di Mattarella. Chi è investito del potere di sciogliere le Camere, il presidente della Repubblica Mattarella, ovviamente non si pronuncia, ma restano validi indicazioni e paletti già esplicitati nel discorso di Capodanno. In ogni caso non è un segreto che il presidente chiede un sussulto di dignità al Parlamento in vista di un’intesa alta tra i partiti (il che allungherebbe oggettivamente i tempi). Chiede inoltre l’armonizzazione dei sistemi elettorali tra Camera e Senato.
Armonizzazione sistemi elettorali Camera e Senato: cosa significa? Senza il ballottaggio (l’Italicum lo prevedeva per la Camera non per il Senato estinto) i sistemi sono abbastanza omogenei in entrambe le Camere al punto che per la Corte Costituzionale si può già votare così. Sopravvivono però differenze importanti. La prima è il premio di maggioranza che resta alla Camera, ma non c’è al Senato. La seconda sono le soglie: per avere seggi alla Camera basta il 3% di voti a livello nazionale.
Al Senato le liste singole devono prendere l’8%. Alle liste in coalizione basta il 3% a condizione però che la coalizione arrivi al 20%. Tutte soglie – si badi bene – a livello regionale. La terza è la possibilità che si formino coalizioni al Senato (per far scattare lo sconto sulla soglia), mentre alla Camera il premio può andare solo a una lista. La quarta sono i capilista bloccati alla Camera, mentre al Senato tutti i senatori saranno eletti con il voto di preferenza.
Renzi esulta: l’Italicum sopravvive. Una volta letto il comunicato della Corte Costituzionale, Renzi ha esclamato: «Ragazzi, ma questo è un trionfo!». Nella sua lettura, la Consulta non ha toccato il cuore dell’Italicum e ha «soltanto» cancellato il ballottaggio: «Ma quale Legalicum!», commentava ieri sera un Renzi talmente affezionato al suo «Italicum», che l’ex premier ora accarezza la tentazione di utilizzarlo per andare ad elezioni anticipate.
Quando? «Calma e gesso», confidava ieri sera l’ex premier, perché non si può cavalcare la questione elettorale con le tragedie ancora in corso. Dunque, escluso il voto subito, in primavera, ma da ieri al Nazareno l’11 giugno è considerato più vicino. E M5S è sicuramente interessato soprattutto per disinnescare la probabile condanna della Raggi a Roma anticipando con il voto nazionale l’iter giudiziario.
Minoranza Pd: con i capilista bloccati rischia l’estinzione. Per Bersani il responso della Corte conferma i suoi no (ballottaggio in primis), ma deve guardarsi dai capilista bloccati, l’arma di Renzi che in questo momento controlla il partito e ha in mano cento posti di capilista bloccati, cento seggi sicuri per rinnovare il partito, per blindarne il consenso.
Berlusconi costretto ad allearsi con Renzi, sì ma come? L’ambizione, per non essere estromesso dalla scena politica e non condannare Forza Italia all’irrilevanza, è quella del ritorno del proporzionale senza premio, favore che la Corte gli ha negato. Nonostante l’incomunicabilità attuale, Berlusconi e Renzi sono in qualche modo obbligati al dialogo. Berlusconi dovrebbe fare un listone con Lega e FdI, un’alleanza che ha giàgiudicato antistorica e, d’altronde, non può nemmeno infilarsi in un listone targato Pd. Roberto D’Alimonte spiega sul Sole 24 Ore le convenienze che legano i due leader.
Nelle condizioni attuali l’ideale per Berlusconi sarebbe un sistema proporzionale senza premio, come quello del Senato. Ma la Corte non gli ha fatto questo piacere. Nelle prossime settimane si vedrà se glielo farà Renzi. Il segretario del Pd ha bisogno di un sistema con una componente maggioritaria come il premio, ma potrebbe avere anche bisogno di Forza Italia per fare un governo dopo il voto. Situazione complessa. (Roberto D’Alimonte, Il Sole 24 Ore)