11.Quindi, man mano che sarà definito il procedimento di enucleazione dei fabbisogni standard per ciascuna di queste funzioni dovranno probabilmente essere stabilite delle regole di perimetrazione dei bilanci analoghe a quelle che lo schema del decreto 339 definisce per la sanità. Le funzioni fondamentali in altre parole segmentano i bilanci degli enti territoriali, creando dei veri e propri compartimenti stagni, perlomeno per la competenza (e, in futuro, con l’attuazione della delega contenuta nella legge 196/09, anche per la cassa). Il problema non si pone invece per le funzioni non fondamentali, poiché in questo caso la perequazione si basa sulla capacità fiscale (che è su un dato esogeno rispetto alla funzione da perequare). L’autonomia di bilancio piena si ha quindi solo per le funzioni non fondamentali (finanziate primariamente e preferibilmente con tributi propri). Per il resto (che rappresenta la parte preponderante del bilancio) si avrà una sorta di sovranità limitata, legata alla natura fondamentale della funzione gestita. Non a caso, con riferimento alla sanità, nei casi di persistente squilibrio tra costi e ricavi lo stato è intervenuto con piani di rientro e commissariamenti, limitando fortemente l’autonomia delle regioni non virtuose. Per gli enti locali la normativa vigente prevede l’istituto del dissesto, mutuato dal diritto fallimentare, che in alcuni casi (da ultimo Roma) è stato derogato con normative speciali che hanno previsto l’istituzione di gestioni straordinarie e piani di rientro. Il processo di armonizzazione, nella sua evoluzione, dovrà tenere conto di questi aspetti.
12.Nel caso di funzione fondamentale quindi (per ora la sanità che è la parte preponderante del decreto, ma in futuro tutte le altre), non solo si determina una equivalenza tra trasferimento e compartecipazione [e/o perequazione] (ad un certo punto dell’anno ci sarà un decreto che assegnerà x all’ente per svolgere la funzione y [in base al fabbisogno standard]), ma viene meno anche l’assenza di vincolo di destinazione perché il bilancio sarà “perimetrato” e le risorse non potranno essere usate per altri scopi (anche gli eventuali avanzi possono essere usati solo nell’ambito dello stesso settore in anni successivi). L’unica parte libera sarà quella legata a funzioni non fondamentali. In quel caso le entrate (tributi propri o perequazione per bassa capacità fiscale) potranno essere utilizzate anche per finalità diverse da quelle originariamente programmate. Vista così la sfera di autonomia degli enti territoriali si restringe molto, forse al 5-6 per cento degli attuali bilanci. Sembra proprio la storia della montagna e del topolino.
13.Nel merito il titolo dello schema di decreto relativo alla sanità razionalizza le procedure esistenti che già prevedono un reticolo di scadenze e flussi informativi che le regioni sono tenute a rispettare e comunicare al centro (per le regioni non sottoposte ai piani di rientro o commissariate per le quali sono previste forme di controllo molto più stringenti, cui viene condizionata l’erogazione delle risorse necessarie al funzionamento del sistema). Nella specificazione degli enti destinatari si enuclea, oltre alla regione (“la parte del bilancio regionale che riguarda il finanziamento e la spesa del relativo servizio sanitario, rilevata attraverso scritture di contabilità finanziaria”) e alle aziende sanitarie (locali, ospedaliere, IRCCS pubblici e policlinici universitari), la parte del servizio sanitario “direttamente gestito” dalla regione, la cosiddetta gestione centralizzata, che in molte regioni ha grande rilievo finanziario e che deve essere “rilevata attraverso scritture di contabilità economico-patrimoniale”. Lo schema in esame differenzia i modelli in base alla sussistenza o meno della gestione centralizzata, che viene vista con un certo disfavore. Nel primo caso si dispone la individuazione di uno specifico centro di responsabilità “deputato alla implementazione ed alla tenuta di una contabilità di tipo economico-patrimoniale atta a rilevare, in maniera sistematica e continuativa, i rapporti economici, patrimoniali e finanziari intercorrenti fra la singola regione, lo stato, le altre regioni, le aziende sanitarie, gli altri enti pubblici e i terzi vari, inerenti le operazioni finanziate con risorse destinate ai rispettivi servizi sanitari regionali”. La gestione centralizzata ha rappresentato in molti casi un vero e proprio “buco nero” della sanità regionale e le nuove norme si propongono di farne emergere il peso. Per questo il responsabile deve registrare “i fatti gestionali nel libro giornale” e imputarli “ai conti relativi a singole categorie di valori omogenei provvedendo alla rilevazione dei costi, dei ricavi e delle variazioni negli elementi attivi e passivi del patrimonio”. La gestione separata cessa di essere la colonna n-1 del bilancio consolidato, in cui hanno spesso trovato compensazione tutti gli errori e le omissioni. Nel caso invece di assenza della gestione separata, il ruolo della regione è molto più semplice. L’intero importo del finanziamento viene destinato agli enti del servizio sanitario e presso la regione si trattano solo le operazioni di consolidamento.