1.Lo schema di decreto (schema 339) che approda all’esame della commissione bicamerale per il federalismo fiscale risponde ad una finalità primaria della legge 42/09, indicata esplicitamente nel’articolo 2: “armonizzare i sistemi contabili e gli schemi di bilancio dei medesimi enti e i relativi termini di presentazione ed approvazione, in funzione delle esigenze di programmazione, gestione e rendicontazione della finanza pubblica”. Il percorso di armonizzazione è stato messo in cantiere ben prima della approvazione della legge delega sul federalismo fiscale. In attuazione della legge 131 del 2003 (legge La Loggia) è stato infatti emanato, il 12 aprile 2006, il decreto legislativo 170, che può essere considerato il primo atto normativo di attuazione del federalismo fiscale, in cui è stata raggiunta una intesa tra lo stato e il sistema degli enti territoriali.
2.Il fondamento costituzionale della materia disciplinata dal decreto si ritrova nella lettera r) dell’articolo 117, comma 2 della Costituzione, che assegna alla legislazione esclusiva dello stato il “coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale” e nelle due disposizioni in qualche modo parallele che assegnano rispettivamente alla legislazione statale esclusiva il “sistema tributario e contabile dello stato” e alla legislazione concorrente “l’armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e sistema tributario”. Non a caso la legge 196 del 2009, di contabilità e finanza pubblica, ha indicato principi e criteri direttivi per l’armonizzazione dei bilanci delle amministrazioni centrali ed ha modificato la lettera h) dell’art. 2 della legge 42/09, per rendere omogenei a questi quelli relativi agli enti territoriali.
3.Si affermano infatti nella lettera richiamata lettera h) molti principi di non facile realizzazione come la adozione di regole contabili uniformi e di un comune piano dei conti integrato di comuni schemi di bilancio articolati in missioni e programmi coerenti con la classificazione economica e funzionale individuata dagli appositi regolamenti comunitari in materia di contabilità nazionale e relativi conti satellite; di un bilancio consolidato con le proprie aziende, società o altri organismi controllati, secondo uno schema comune; affiancamento, a fini conoscitivi, al sistema di contabilità finanziaria di un sistema e di schemi di contabilità economico-patrimoniale ispirati a comuni criteri di contabilizzazione; la raccordabilità dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio degli enti territoriali con quelli adottati in ambito europeo ai fini della procedura per i disavanzi eccessivi; la definizione di una tassonomia per la riclassificazione dei dati contabili e di bilancio per le amministrazioni pubbliche tenute al regime di contabilità civilistica, ai fini del raccordo con le regole contabili uniformi; di un sistema di indicatori di risultato semplici, misurabili e riferiti ai programmi del bilancio, costruiti secondo criteri e metodologie comuni ai diversi enti territoriali; la individuazione del termine entro il quale regioni ed enti locali devono comunicare al Governo i propri bilanci preventivi e consuntivi, come approvati, e la previsione di sanzioni, in caso di mancato rispetto di tale termine; nonché di un bilancio consolidato con le proprie aziende società o altri organismi controllati. A questi criteri inizia a dare attuazione lo schema di decreto in esame e, parallelamente, uno schema di decreto legislativo “gemello”, approvato recentemente dal consiglio dei ministri in attuazione dell’articolo 2 della legge 196/09, percorre la medesima strada per le amministrazioni centrali dello stato.
4.Lo schema di decreto 339 ha acquisito, nelle seduta del 3 marzo 2011, l’intesa della Conferenza Unificata, al termine di un complesso processo di negoziazione ampiamente richiamato nelle premesse del documento. E’ un fatto positivo perché la ricostruzione della storia recente mostra non poche difficoltà rispetto alla condivisione di protocolli di trasmissione delle informazioni finanziarie e contabili tra diversi livelli di governo. Spesso gli enti sub-centrali hanno vissuto la richiesta di trasmissione di informazioni al centro come strumento di limitazione della propria sfera di autonomia, come dimostra una copiosa giurisprudenza costituzionale scatenata dalla impugnazione di norme di legge che imponevano al sistema degli enti territoriali la trasmissione di dati. La Corte ha fatto sempre prevalere il principio del coordinamento informativo statistico e informatico di cui alla lettera r) dell’art. 117 della Costituzione. Del resto la trasformazione della forma di stato in senso federale e i vincoli del Patto di stabilità e crescita, che individuano i governi nazionali come responsabili per l’intero comparto della pubblica amministrazione dei rispettivi paesi non può non enfatizzare la necessità di disporre di una base informativa accurata e aggiornata per monitorare gli andamenti tendenziali e mettere in campo, in caso di necessità, tempestivi interventi.
5.La questione della gestione e del miglioramento delle basi informative di finanza pubblica è stata ampiamente dibattuta nel corso dell’iter di approvazione della legge 196/09. Il risultato finale è stato quello di individuare il baricentro dei sistemi informativi di finanza pubblica nella tecnostruttura sulla Ragioneria Generale, pur integrata dalle intese con gli enti territoriali e dal ruolo attivo della Conferenza Permanente prevista dalla legge 42 del 2009 (istituita con il decreto legislativo su regioni e fabbisogni standard nel settore sanitario, approvato definitivamente dal CDM il 31 marzo 2011, al Capo V). Ciò potrebbe rivelarsi un limite al pieno dispiegamento delle potenzialità delle nuove disposizioni. Alcune proposte emendative avevano individuato nell’ISTAT, configurabile come tecnostruttura della Repubblica, il baricentro del sistema informativo della finanza pubblica, affidandogli il governo della banca dati delle amministrazioni pubbliche (Art.13, legge 196/09). Peraltro i criteri di nomina del Presidente (Art.5, legge 196/09), che prevedono il parere vincolante delle Commissioni parlamentari competenti espresso a maggioranza dei due terzi dei componenti, tendono a collocare l’Istituto al di fuori della orbita governativa, rendendolo una tecnostruttura utilizzabile da tutte le amministrazioni pubbliche, senza alcuna remora.
6.Questi spunti non sono stati raccolti e la legge 196/09 lascia al ministero dell’economia, come si è detto, il ruolo di gestore della banca dati. Vengono introdotti soltanto alcuni temperamenti, non privi di ambiguità, come la possibilità per la Commissione tecnica paritetica e la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, di accedere direttamente ai dati “necessari a dare attuazione al federalismo fiscale”, che costituiscono una apposita sezione della banca dati delle amministrazioni pubbliche. Questa idea di segmentazione delle informazioni, di convenzioni da stipulare per ottenere l’accesso ai dati, contrasta con la loro connotazione interamente pubblica e con il livello delle attuali tecnologie informatiche che consentirebbero, in piena trasparenza, di rendere disponibili sulla rete l’insieme delle informazioni, in formato elaborabile, al livello più dettagliato. Dietro questa eccessiva articolazione si intravede il ruolo delle burocrazie, centrali e locali, che utilizzano la gestione delle informazioni come strumento di potere. Trasparenza e indipendenza sarebbero invece le direttrici sulle quali procedere, per migliorare la qualità delle fonti quantitative di finanza pubblica, come, anche recentemente, si registra in esperienze straniere (il governo Cameron ha istituito un organismo indipendente per la elaborazione delle previsioni di bilancio e analoghe strutture sono da più tempo state attivate in Svezia). Parziale applicazione di tale principio si ha nell’art. 6 della legge 196/09 che dispone, sulla base di intese, l’accesso del parlamento “alle banche dati delle amministrazioni pubbliche e ad ogni altra fonte informativa gestita da soggetti pubblici rilevante ai fini del controllo della finanza pubblica”, nonché la pubblicazione, sul sito del Ministero dell’economia e delle finanze, “in formato elettronico elaborabile, i disegni di legge e le leggi” dei principali documenti di bilancio “con i rispettivi allegati” (e dei decreti di variazione al bilancio adottati in conseguenza dell’approvazione di provvedimenti legislativi … il giorno successivo a quello della loro registrazione da parte della Corte dei conti”). Ben poca cosa rispetto alle basi informative di finanza pubblica che compongono la costituenda “Banca dati delle amministrazioni pubbliche” prevista dall’art. 13 della legge 196/09.
7.La questione della armonizzazione dei bilanci e della costruzione della banca dati unitaria delle pubbliche amministrazioni è ampiamente trattata nel “Rapporto sullo stato di attuazione della riforma della contabilità e finanza pubblica” allegato al Documento di economia e finanza 2011 presentato al parlamento il 13 aprile 2011. Dal documento emerge con nettezza il carattere parallelo dei processi di armonizzazione in atto nelle amministrazioni centrali e sub-centrali e la necessità della Banca dati (di cui viene fornito il documento di analisi preliminare) per realizzare il progetto stesso.
8.L’adeguamento dei sistemi contabili delle amministrazioni pubbliche centrali viene disciplinato attraverso un apposito comitato (comitato per i principi contabili, istituito con decreto del ministro dell’economia e delle finanze il 4 maggio 2010, composto da 23 componenti, in rappresentanza dei ministeri, della camera e del senato, della CDC, dell’ISTAT, degli enti esponenziali delle autonomie territoriali, oltre a 3 esperti), che predispone i decreti legislativi i cui criteri sono analoghi a quelli definiti, per gli enti sub-centrali, nello schema 339 in esame. Alla armonizzazione dei sistemi contabili degli enti territoriali provvede invece la Commissione tecnica paritetica sul federalismo fiscale (COPAFF, prevista dalla legge 42/09 ed istituita con DPCM il 9 luglio 2009, è formata da 32 componenti rappresentanti dei ministeri, degli enti esponenziali delle autonomie territoriali, della camera e del senato e dell’ISTAT). I due organismi, in pratica speculari (alcuni membri fanno parte di entrambi) devono procedere “in reciproco raccordo”. La COPAFF “promuove la realizzazione delle rilevazioni e delle attività necessarie per soddisfare gli eventuali ulteriori fabbisogni informativi; svolge attività consultiva per il riordino dell’ordinamento finanziario di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni e delle relazioni finanziarie intergovernative; trasmette informazioni e dati alle Camere, ai Consigli regionali e delle province autonome, su richiesta di ciascuno di essi”. Inoltre svolge le funzioni di segreteria tecnica della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica (che è in fase di insediamento). Si tratta, come si vede, di uno spartito molto complicato, suonato da molteplici orchestre ed evitare dissonanze non sarà semplice.
9.La lettura dello schema di decreto 339 mostra la preponderanza delle disposizioni relativa alla rappresentazione dei conti sanitari (l’intero titolo II, articoli da 19 a 34 e gran parte dei prospetti allegati). La sanità rappresenta fino ad oggi la sola funzione fondamentale in cui, da molti anni, è in atto un esercizio concreto di ripartizione delle risorse tra le regioni preposte alla gestione, oltre alla fissazione, da parte dello stato, di livelli essenziali di assistenza, da correlare alle risorse complessive destinate. Le regole di ripartizione sono molteplici, a partire dalla popolazione, che costituisce il parametro fondamentale. Su questa base sono stati introdotti correttivi e pesature per tenere in conto di vari aspetti, quali la dimensione e la struttura dei territori, il grado di invecchiamento e altro ancora. Sono stati inoltre introdotti meccanismi che prevedono il trattenimento di una quota delle risorse destinate a ciascun territorio, la cui erogazione è condizionata al perseguimento di vari adempimenti, gran parte dei quali di natura informativa. Tutto questo complesso meccanismo, affinato e consolidato nel corso dell’ultimo decennio, viene tradotto nello schema di decreto in esame.
10.Particolare interesse suscita sotto questo profilo l’articolo 20 dove si afferma che “nell’ambito del bilancio regionale le regioni a statuto ordinario garantiscono un’esatta perimetrazione delle entrate e delle uscite relative al finanziamento del proprio servizio sanitario regionale, al fine di consentire la confrontabilità immediata fra le entrate e le spese iscritte nel bilancio regionale e le risorse indicate negli atti di determinazione del fabbisogno sanitario regionale standard e di individuazione delle correlate fonti di finanziamento”. Si tratta di una norma sistemica, destinata ad essere riproposta in futuro per ciascuna funzione fondamentale, man mano che saranno enucleati fabbisogni standard per assistenza, istruzione, investimenti nei trasporti per le regioni, nonché per le numerose funzioni fondamentali dei comuni e delle province.
11.Quindi, man mano che sarà definito il procedimento di enucleazione dei fabbisogni standard per ciascuna di queste funzioni dovranno probabilmente essere stabilite delle regole di perimetrazione dei bilanci analoghe a quelle che lo schema del decreto 339 definisce per la sanità. Le funzioni fondamentali in altre parole segmentano i bilanci degli enti territoriali, creando dei veri e propri compartimenti stagni, perlomeno per la competenza (e, in futuro, con l’attuazione della delega contenuta nella legge 196/09, anche per la cassa). Il problema non si pone invece per le funzioni non fondamentali, poiché in questo caso la perequazione si basa sulla capacità fiscale (che è su un dato esogeno rispetto alla funzione da perequare). L’autonomia di bilancio piena si ha quindi solo per le funzioni non fondamentali (finanziate primariamente e preferibilmente con tributi propri). Per il resto (che rappresenta la parte preponderante del bilancio) si avrà una sorta di sovranità limitata, legata alla natura fondamentale della funzione gestita. Non a caso, con riferimento alla sanità, nei casi di persistente squilibrio tra costi e ricavi lo stato è intervenuto con piani di rientro e commissariamenti, limitando fortemente l’autonomia delle regioni non virtuose. Per gli enti locali la normativa vigente prevede l’istituto del dissesto, mutuato dal diritto fallimentare, che in alcuni casi (da ultimo Roma) è stato derogato con normative speciali che hanno previsto l’istituzione di gestioni straordinarie e piani di rientro. Il processo di armonizzazione, nella sua evoluzione, dovrà tenere conto di questi aspetti.
12.Nel caso di funzione fondamentale quindi (per ora la sanità che è la parte preponderante del decreto, ma in futuro tutte le altre), non solo si determina una equivalenza tra trasferimento e compartecipazione [e/o perequazione] (ad un certo punto dell’anno ci sarà un decreto che assegnerà x all’ente per svolgere la funzione y [in base al fabbisogno standard]), ma viene meno anche l’assenza di vincolo di destinazione perché il bilancio sarà “perimetrato” e le risorse non potranno essere usate per altri scopi (anche gli eventuali avanzi possono essere usati solo nell’ambito dello stesso settore in anni successivi). L’unica parte libera sarà quella legata a funzioni non fondamentali. In quel caso le entrate (tributi propri o perequazione per bassa capacità fiscale) potranno essere utilizzate anche per finalità diverse da quelle originariamente programmate. Vista così la sfera di autonomia degli enti territoriali si restringe molto, forse al 5-6 per cento degli attuali bilanci. Sembra proprio la storia della montagna e del topolino.
13.Nel merito il titolo dello schema di decreto relativo alla sanità razionalizza le procedure esistenti che già prevedono un reticolo di scadenze e flussi informativi che le regioni sono tenute a rispettare e comunicare al centro (per le regioni non sottoposte ai piani di rientro o commissariate per le quali sono previste forme di controllo molto più stringenti, cui viene condizionata l’erogazione delle risorse necessarie al funzionamento del sistema). Nella specificazione degli enti destinatari si enuclea, oltre alla regione (“la parte del bilancio regionale che riguarda il finanziamento e la spesa del relativo servizio sanitario, rilevata attraverso scritture di contabilità finanziaria”) e alle aziende sanitarie (locali, ospedaliere, IRCCS pubblici e policlinici universitari), la parte del servizio sanitario “direttamente gestito” dalla regione, la cosiddetta gestione centralizzata, che in molte regioni ha grande rilievo finanziario e che deve essere “rilevata attraverso scritture di contabilità economico-patrimoniale”. Lo schema in esame differenzia i modelli in base alla sussistenza o meno della gestione centralizzata, che viene vista con un certo disfavore. Nel primo caso si dispone la individuazione di uno specifico centro di responsabilità “deputato alla implementazione ed alla tenuta di una contabilità di tipo economico-patrimoniale atta a rilevare, in maniera sistematica e continuativa, i rapporti economici, patrimoniali e finanziari intercorrenti fra la singola regione, lo stato, le altre regioni, le aziende sanitarie, gli altri enti pubblici e i terzi vari, inerenti le operazioni finanziate con risorse destinate ai rispettivi servizi sanitari regionali”. La gestione centralizzata ha rappresentato in molti casi un vero e proprio “buco nero” della sanità regionale e le nuove norme si propongono di farne emergere il peso. Per questo il responsabile deve registrare “i fatti gestionali nel libro giornale” e imputarli “ai conti relativi a singole categorie di valori omogenei provvedendo alla rilevazione dei costi, dei ricavi e delle variazioni negli elementi attivi e passivi del patrimonio”. La gestione separata cessa di essere la colonna n-1 del bilancio consolidato, in cui hanno spesso trovato compensazione tutti gli errori e le omissioni. Nel caso invece di assenza della gestione separata, il ruolo della regione è molto più semplice. L’intero importo del finanziamento viene destinato agli enti del servizio sanitario e presso la regione si trattano solo le operazioni di consolidamento.
14.L’ambito di applicazione del titolo I dello schema di decreto 339 è quello, oltre agli enti ed organismi strumentali, delle regioni, dei comuni, delle province, delle città metropolitane, delle comunità montane, delle comunità isolane e delle unioni di comuni, nonché dei consorzi cui partecipano enti locali, con esclusione di quelli che gestiscono attività aventi rilevanza economica ed imprenditoriale e, ove previsto dallo statuto, dei consorzi per la gestione dei servizi sociali. Gli enti che adottano la contabilità finanziaria affiancano, a fini conoscitivi, “un sistema di contabilità economico-patrimoniale, garantendo la rilevazione unitaria dei fatti gestionali, sia sotto il profilo finanziario che sotto il profilo economico-patrimoniale. Le aziende speciali (ente strumentale dell’ente locale dotato di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale e di proprio statuto, approvato dal consiglio comunale o provinciale) e le istituzioni (organismo strumentale dell’ente locale per l’esercizio di servizi sociali, dotato di autonomia gestionale) adottano il sistema contabile dell’ente di cui fanno parte. Per tutti è prevista l’estensione dell’applicazione del bilancio di sola cassa, secondo quanto previsto dalla legge 196/09 (Art. 42).
15.Viene previsto un comune piano dei conti integrato (raccordato con la classificazione SIOPE) per tutti gli enti e un piano dei conti di ciascun comparto, raccordabile con quello integrato. Per facilitare il confronto delle grandezze di finanza pubblica rispetto al consuntivo si prevede la redazione di un documento conoscitivo, da allegare al bilancio di previsione “concernente le previsioni relative agli aggregati corrispondenti alle voci articolate secondo la struttura del piano dei conti integrato” (analogo allegato è previsto per il rendiconto). L’operazione è enorme poiché ogni atto gestionale genera una transazione elementare, che va codificata (evitando l’adozione del criterio di prevalenza, l’imputazione provvisoria a partite di giro e l’assunzione di impegni su fondi di riserva) e deve consentire di mobilitare il piano dei conti integrato. Il sistema informativo-contabile dovrà impedire di effettuare la transazione in assenza di codifica (struttura della codifica della transazione e del piano dei conti integrato sono rinviati ad ulteriori decreti).
16. Il complesso reticolo di regole previsto dallo schema di decreto prevede un biennio di sperimentazione (2012 e 2013). Entro 90 giorni dalla emanazione del decreto un DPCM definirà i numerosi aspetti lasciati in sospeso (modalità della sperimentazione, livello minimo di articolazione del piano dei conti integrato e del piano di ciascun comparto, codifica della transazione elementare, schemi di bilancio, criteri per individuare programmi e missioni, metodologie comuni per la creazione di indicatori di risultato). Entro 120 giorno con DPCM saranno individuate le amministrazioni coinvolte nella sperimentazione. E’ un processo che andrà seguito con attenzione perché dietro le regole astruse dei mandarini del bilancio si celano le forme e i modi con cui il prelievo fiscale a carico dei cittadini viene trasformato in beni pubblici.