MILANO – Enza, la sorella minore dell’ex ministro degli Interni Roberto Maroni, si racconta a Vanity Fair, in un’intervista sul numero in edicola il 1 febbraio, proprio mentre suo fratello sembra per la prima volta pronto a contendere a Umberto Bossi la leadership della Lega.
Enza fa il veterinario e vive nella grande casa dove i fratelli Maroni sono nati e cresciuti: a Lozza, 1.200 abitanti in provincia di Varese, dove abitano anche la moglie e i tre figli di Maroni. Aveva il mito del fratello maggiore? «Certo. Ero un maschiaccio: per stargli vicino, giocavo con lui a calcio nel campetto qui dietro».
E Roberto giocava alle bambole con lei? «Sì: meno, però. In compenso mi portava con lui dappertutto. Mi coccolava, era iperprotettivo. Andavamo a fare le gite, a intagliare le fionde nel bosco. Una vita sana, insomma. Le vacanze erano sempre con la nonna, in Liguria». Giocate ancora a calcio? «Io non più. Lui sì, all’oratorio, magari con i figli. E le guardie del corpo impazziscono per proteggerlo. Poi va a fare la spesa, porta il pastore tedesco alla scuola di addestramento. E c’è il bar, chiacchiera con gli amici, la gente del paese, anche quelli non leghisti». Cene insieme? «Lui prepara i risotti, io sono più da gastronomia del supermercato».
A parte coltivare le amicizie, che cosa ha fatto di concreto per Lozza? «Per il progetto sicurezza ha dato i contributi per le telecamere». Una telecamera ogni 48 abitanti: un record. «Questo è uno dei paesi più sicuri della zona. E lui è più protetto quando arriva». Però hanno rubato la borsetta di sua moglie, al cimitero. «Subito dopo hanno messo la telecamera anche lì».
Ci sono tensioni, nella Lega, tra suo fratello e Bossi. «Il 19 gennaio sono andata al raduno di Varese per raggiungere Roberto che, dopo le incomprensioni degli ultimi giorni, si vedeva con Bossi. C’era gente commossa nel guardarli finalmente insieme. Ho visto le lacrime agli occhi della nostra gente. E fino a notte ho ricevuto sms di un popolo affettuoso verso mio fratello».
A un certo punto gli sono stati vietati i comizi. «Sono troppo coinvolta umanamente per parlarne serena. Ogni cosa che viene fatta a Roberto mi agita e commuove. Però, tutto si può dire su Bossi, ma lui ha dato la vita per il movimento». Adesso rischia di perderlo. A Milano è stato fischiato perché non lasciava parlare Maroni. «Ne discuteranno al prossimo congresso, magari. Alla fine, invece di andar via con l’auto blu, Roberto ha passeggiato fino a piazza Cordusio: la Lega è nata tra la gente e lui ci tiene a tastarne il polso». Non c’è spazio per una donna ai vertici della Lega? «Ce ne sono di donne nei consigli comunali e regionali». C’è Rosi Mauro sempre vicino a Bossi. (Abbassa gli occhi) «Parliamo d’altro». La chiamano «la badante». «Credo che neanche lui lo sappia».
E poi c’è la moglie dell’Umberto, Manuela Marrone. «Ma lei non parla di politica. La vedo ogni giorno alla scuola che ha fondato, la Bosina di Varese, dove vado a prendere le mie figlie. Avendo fatto il sindaco, ho visto cose nella scuola pubblica di Lozza che non mi convincevano. In quel periodo non si poteva fare il presepe a Natale per non ferire le altre sensibilità, il parroco non poteva benedire le classi: non potevo accettarlo. E poi la Bosina mi piace perché imparano a conoscere il territorio, le sue tradizioni».
Anche suo fratello ha iscritto i figli lì? «No, lui ha scelto la scuola pubblica». Chissà quanto continuerete a parlare con la Marrone: lei è uno dei componenti del «Cerchio magico», le persone che sono più vicine a Bossi, e che non amano il dissenso. «Non voglio neanche sentirne parlare. Ecco perché non ho mai fatto un’intervista: non amo questo genere di cose, e mi sa che questa potrebbe essere l’ultima».