Obiettivo di Consolo e dell’altro legale di Fini, Francesco Compagna, è quello di tutelare “ancor prima dell’onorabilità personale dell’attuale Presidente della Camera, l’organo istituzionale dal medesimo rappresentato”. Per questo gli avvocati chiederanno che vengano fuori i “mandanti” di quella che giudicano un’offensiva mediatica contro il leader di Fli. Ad essere contestato non è solo il reato di diffamazione a mezzo stampa, ma anche quelli “assai più gravi di estorsione, attentato a un organo costituzionale e cospirazione politica”. Un reato, quest’ultimo, prevista nelle forme “per accordo” e per “associazione” quasi mai contestato in passato.
Un precedente è quello di Francesco Cossiga: correva il 1991 e si era nel pieno della buferà di Gladio. Il presidente si autodenunciò e non successe assolutamente nulla.
Fini, oltre che per il caso della escort, vuole difendersi dall’accusa di voler confezionare un “auto-attentato”. Lo scrisse, parlando di “strane voci” il direttore di Libero Maurizio Belpietro che è già stato ascoltato in Procura dove però si è rifiutato di fare il nome della fonte.
Quanto alla escort, invece, la storia è stata lanciata prima da Libero e poi ribattuta, con tanto di intervista alla diretta interessata, dal sito web querelato. Rachele, nipote di un gerarca fascista, avrebbe confermato gli incontri parlando di un compenso di 1000 euro. Fini risponde alle insinuazioni con le carte bollate della Procura.