Dalla conferenza programmatica di Fratelli d’Italia di Pescara, Giorgia Meloni annuncia di candidarsi in tutte le circoscrizioni. Nel farlo usa queste parole: “Chiedo agli italiani di scrivere il mio nome di battesimo alle Europee. Sono fiera che chi si rivolge a me mi chiami Giorgia. Sono stata derisa per le mie radici popolari, mi hanno chiamata pesciarola, borgatara… perché loro sono colti… Ma io sono fiera di essere una del popolo”, dice la premier. “Se volete dirmi che ancora credete in me scrivete sulla scheda Giorgia, perché sarò sempre una di voi. Il potere non mi cambierà, il palazzo non mi isolerà. Ho bisogno di sapere ancora una volta che ne vale la pena”.
Quanto annunciato dalla leader di Fratelli d’Italia, come spiega Cacciari “è un’idea pubblicitaria, puro marketing elettorale”. Una mossa che sempre Cacciari si spinge a definire “berlusconiana”. Giorgia è, come detto dalla stessa premier, il nome di battesimo e non è un soprannome. Può essere quindi chiesto agli elettori di scrivere sulla scheda solo il nome? Franco Gaetano Scoca, professore emerito di diritto amministrativo, su Repubblica definisce l’annuncio della premier “una scelta molto discutibile e che può far sorgere contestazioni. Non c’è una norma che lo vieta, ma quel nome, Giorgia, in sé non dice che è una donna del popolo e comunque non è affatto detto che una donna del popolo debba essere chiamata per nome. In ogni caso stiamo sempre parlando della presidente del Consiglio”.
Il costituzionalista della Sapienza Gaetano Azzariti, sempre su Repubblica ironizza: “Solo Giorgia? E se c’è un’altra Giorgia che fanno? Saranno costretta a eliminarla? Vietate tutte le Giorgia dentro FdI? Già questa è una discriminazione e una lesione di un diritto fondamentale…”. Azzariti prosegue parlando di forzature della legge che regola le elezioni: “Siamo di fronte a un’evidente forzatura della legge elettorale che parla chiaro, solo il cognome, nome e cognome, se due cognomi anche uno solo dei due, e se c’è confusione tra omonimi ecco la data di nascita”. Una forzatura che, in caso di contestazioni o ricorsi, qualche giudice potrebbe interpretare come una scheda da annullare.
Per spiegare cosa prevede la legge, Azzariti cita un esempio alquanto classico: quello di Marco Pannella, il cui vero nome era Giacinto. Era quindi giusto che si candidasse come “Giacinto detto Marco Pannella”. Ma se il nome è già Giorgia Meloni, quel “detta Giorgia”, per il costituzionalista è “solo una forzatura. Per demagogia viene piegata la legge elettorale e la lettera stessa della legge per uno scopo populista“.