Federalismo, la lunga marcia della Lega. Bossi: “Oggi tappa importante”

Umberto Bossi

“Cominciamo a goderci il presente, il mondo va avanti, ma la tappa di oggi è molto importante”. Quasi venti anni di battaglie tra Parlamento e territorio spingono Umberto Bossi alla prudenza, ma il leader leghista non riesce a nascondere l’emozione per il via libera al primo decreto, quello demaniale, per l’applicazione del tanto agognato federalismo.

Una “tappa” di una ‘lunga marcia’ che ha avuto inizio nei primi anni ’90 e portata avanti dalla Lega Nord tra successi e sconfitte inaspettate. Il percorso leghista e’ stato accidentato ma sempre rivolto all’autonomia ‘padana’: così il Carroccio ha preso strade ‘rischiose’ come quando nel 1996 provò la carta del “secessionismo”, per poi fare marcia indietro; in altre occasioni ha scelto vie ‘istituzionali’ come quella della riforma parlamentare rivelatasi però un vicolo chiuso con la bocciatura del referendum nel giugno del 2006. Nessun dramma solo la “delusione di questa Italia che fa un po’ tristezza”, disse in quell’occasione Bossi, che non si arrese.

Stavolta, Bossi e i suoi ‘padani’ ci riprovano con un federalismo ‘equo’, con una riforma dello Stato: cercano l’accordo con il Pd e l’Idv, provano ad arruolare alla causa anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano; polemizzano, ma senza mai rompere, con il presidente della Camera Gianfranco Fini; trattano con il Pdl e ottengono anche la benedizione del premier Silvio Berlusconi che definisce il “federalismo fiscale lo strumento più efficace di contrasto nei confronti dell’evasione”.

Il federalismo è una delle prime parole d’ordine dei movimenti autonomisti regionali del Nord Italia che nei primi anni ’90 si riunirono in quella ora chiamata Lega Nord per l’indipendenza della Padania. Le istanze federaliste leghiste trovarono una prima espressione parlamentare nel 1994 quando il Carroccio, alleato di governo con Berlusconi nel Polo delle Libertà, presentò un progetto di Costituzione per dividere l’Italia in 9 macroregioni sulla base degli Stati preesistenti all’Unità d’Italia. Il governo tuttavia cadde proprio per mano della Lega e la proposta non ebbe seguito.

Nel 1996 i leghisti tentarono un clamoroso strappo con la ‘secessione’. Il 15 settembre Bossi a Venezia ammainò la bandiera italiana e ‘proclamo” l’indipendenza della Padania. A seguito della boutade secessionista il Carroccio perse alcuni dei suoi uomini più rappresentativi in Parlamento; tre giorni dopo in via Bellerio a Milano ci furono scontri tra leghisti e rappresentanti delle forze dell’ordine che volevano perquisire la sede del Carroccio. Tra i contusi ci fu Roberto Maroni allora dirigente-militante, ora ministro dell’Interno. Altro segno che i tempi sono cambiati… La modifica del Titolo V della Costituzione, con forti aperture al regionalismo, pose un freno alla politica secessionista leghista.

Tornato al governo con il centrodestra il partito del ‘Sole delle Alpi’ giocò nel 2004 la carta della ‘Devolution’, assegnando alle Regioni la potestà legislativa esclusiva in materia di organizzazione scolastica, polizia amministrativa regionale e locale, assistenza e organizzazione sanitaria. La proposta di riforma ottenne la maggioranza semplice in Parlamento ed il testo fu sottoposto al referendum confermativo, ma la ‘devoluzione’ fu bocciata dalla maggioranza degli italiani.

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