Fiducia, “compravendita” di voti in Parlamento: l’obiettivo è quota 317

L’opposizione al governo non potrebbe più contare sulla maggioranza di 317 voti. Sarebbe questa, al momento, l’ultima novità nel “borsino” della “compravendita” dei parlamentari. Secondo quanto si apprende da fonti del centrodestra infatti nuove turbolenze nel “mercato” avrebbero fatto spostare l’ago della bilancia a favore dell’esecutivo. Il Pdl ora dichiara di avere ”ben 316 voti” che potrebbero arrivare anche a 318”.

Dopo gli annunci ufficiali dei due deputati dell’Idv, Domenico Scilipoti e Antonio Razzi, che in due diverse conferenze stampa, affollate e surreali, hanno comunicato di lasciare il gruppo dipietrista, gli equilibri sembrano dunque variati. Secondo la maggioranza i voti “certissimi” a favore del premier sarebbero 312 e cioé: 235 del Pdl, 59 della Lega, 12 di Noi Sud (vi ha aderito anche Razzi), Francesco Nucara, Francesco Pionati, 3 della nuova componente “Movimento di responsabilità nazionale” (Massimo Calearo, Bruno Cesario, Domenico Scilipoti) e Giampiero Catone (deputato di Fli che non voterà la sfiducia al governo).

A questi, si avverte sempre nel centrodestra, si devono aggiungere il liberaldemocratico Maurizio Grassano (”voterò per il governo”) e un non meglio precisato deputato del Pd. A proposito di quest’ ultimo le voci sono le più disparate.

Nel Pdl si parla di Antonio Boccuzzi, l’ex operaio della Thyssen che se non ricandidato si troverebbe disoccupato. Lui però smentisce categoricamente spiegando che martedì diserterà addirittura ”un’importante udienza del processo Thyssen pur di venire in Aula a votare la sfiducia al governo”.

E smentisce anche l’altro deputato il cui nome era circolato con una certa insistenza: l’abruzzese Vittoria D’Incecco (”non so chi metta in giro queste voci…”). Sempre secondo la maggioranza, a questa lista si dovrebbero aggiungere altri quattro deputati dell’opposizione sui quali si starebbe facendo opera di convincimento ”a livello regionale”. In particolare si tratterebbe di ”due regioni del sud”.

Poi resterebbero due incognite: quella delle tre deputate in stato interessante che per motivi di salute potrebbero disertare l’ Aula; e quella dei Radicali che con Marco Pannella ogni giorno sembra continuino ”ad alzare il prezzo”. Ma nel Pdl si continua a sperare anche in un ripensamento dell’Udc sul quale ci sarebbe ”il pressing del Vaticano e della ‘finanza bianca”’.

Questo il percorso indicato per i centristi: numerose assenze il 14 e poi a gennaio o appoggio esterno o ingresso nel governo. Gli interessati ovviamente negano. Nell’attesa, Montecitorio è teatro di conferenze stampa dei vari dissidenti.

I primi sono Massimo Calearo, Domenico Scilipoti, Bruno Cesario. Creano una componente nuova “Movimento di Responsabilità nazionale” e annunciano per ora tre voti diversi, rispettivamente: un’astensione, un voto contro il governo ed uno a favore. ”Ma confidiamo alla fine di astenerci tutti e tre”, avverte Calearo.

Poi è la volta di Razzi che, dopo aver fatto capire di non voler votare la sfiducia, inscena una sorta di “duello verbale” davanti alle telecamere con l’ex collega di partito Stefano Pedica con tanto di ”Vergogna!” e ”Giuda” finali. Infine c’è quella di Grassano che annuncia il suo sostegno all’esecutivo. La verità, avverte ancora Calearo, è che come andrà a finire il 14 lo si saprà solo qualche attimo prima.

Il “calciomercato” infatti va avanti senza tregua in entrambe le “fazioni”. L’unica cosa certa, per Lamberto Dini è che se la fiducia sarà davvero risicata ”si andrà a votare il 27 marzo”. Il che significa che, nonostante le perplessità politiche di tornare alle urne, i partiti incasseranno altri rimborsi elettorali oltre a quelli che continueranno a percepire come se l’attuale legislatura fosse durata comunque cinque anni.

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Alberto Francavilla