Fini vs Berlusconi, si invertono le parti: Gianfranco va in tv da Mentana, Silvio sceglie la piazza per il 3 ottobre


Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi

Uno andrà in piazza, l’altro è passato dalla tv. Si continuano a guardare a distanza Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. E intanto si organizzano, ognuno a modo suo, per parlare al “loro popolo”, per far capire le proprie ragioni, anche per conquistare qualche voto in più, come due veri avversari. Fini, dopo il discorso di Mirabello lascia la piazza per la tv e va ospite nell’edizione delle 20 del Tg La 7 diretto da Enrico Mentana. Berlusconi, che dalla tv proviene, torna invece a “provare” la piazza e promuove una manifestazione del Pdl a Milano. L’uno è bersagliato dai suoi ex compagni di maggioranza che ne chiedono le dimissioni, l’altro deve da una parte calmare l’ira nei confronti di Fini e recuperare i voti persi durante quest’anno infuocato, e dall’altra tenere a bada una Lega sempre più scalpitante che non vede l’ora di andare a nuove elezioni. Anche perché, e Bossi lo sa bene, in queste condizioni il Carroccio sarebbe il vero vincitore, morale e non solo, di una nuova battaglia elettorale.

In questa battaglia tutta interna al centrodestra e alla maggioranza, quindi, si è arrivati al colpo di scena teatrale. Fini sceglie la tv e sceglie, soprattutto, un tg nuovo e “progressista” come quello di Mentana. Lo sceglie per dire agli italiani, ma soprattutto ai suoi “ex” compagni, che non se ne va, che non lascerà la presidenza della Camera, se lo possono anche togliere dalla testa. Berlusconi dalla sua, si chiude nella sua residenza-studio romana a palazzo Grazioli con i suoi tutto il pomeriggio. Dentro si discute sulle dinamiche interne, sul da farsi: andare da Napolitano, spiegargli com’è la situazione e chiedere la testa di Fini ma evitare comunque quelle elezioni anticipate tanto care a Bossi. Alla fine al premier viene un’idea che è in qualche modo l’arma nascosta e la risposta “mediatica” al sempre più “mediatico” Fini: la piazza. Berlusconi programma quindi una “grande manifestazione” di popolo (quello del Pdl) a Milano. C’è già la data: 3 ottobre. E soprattutto c’è l’obiettivo: parlare direttamente al popolo azzurro per illustrargli i “successi” del “governo del fare” e quei cinque punti del programma su cui Berlusconi è intenzionato a chiedere la fiducia in Parlamento.

Fini da Mentana: Non mollo la presidenza della Camera. Intervistato da Enrico Mentana per il tg de La7, l’ex leader di Alleanza Nazionale ha ribadito la propria intenzione: “Sono presidente della Camera ora e conto di esserlo per tutta la legislatura, vale a dire per altri tre anni”.

Fini ha spiegato le motivazioni che l’hanno spinto verso questa decisione: “Io non rappresento la maggioranza e la maggioranza non è proprietaria delle istituzioni. Sarebbe anzi grave se qualcuno, e in particolar modo il presidente del Consiglio, dicesse ‘ti abbiamo eletto noi e devi rispondere a noi'”. Il riferimento è alle parole di Bossi: “E’ un gran simpaticone, ha parlato di un trasloco di Fini, di spostarmi, come se la Camera fosse una depandance del governo. Ma per fortuna i poteri sono divisi e quello legislativo è separato da quello esecutivo”.

Fini ha poi aggiunto che “nessuno salirà al Colle” per chiedere le sue dimissioni al presidente della Repubblica Napolitano. L’ipotesi è stata più volte messa in rilievo dagli esponenti della maggioranza, in particolare il presidente del Consiglio Berlusconi e il leader della Lega Umberto Bossi. A tal proposito il cofondatore del Pdl ha parlato dianalfabetismo istituzionale”. Secondo Fini invece “Berlusconi e Bossi saliranno al Quirinale per parlare della situazione politica e questo mi sembra ben che meno doveroso”.

“In caso di crisi di governo e cioè se il presidente Berlusconi dovesse ritenere di non avere più la maggioranza la parola passa al Capo dello Stato. Fli ha detto e conferma che vuole che legislatura vada avanti e si dia corso al programma di governo, ovviamente da discutere”.

Secondo Fini “andare a votare adesso è da irresponsabili. Il governo deve pensare a governare. Siamo disponibili a discutere come tradurre in concreto i punti del programma con la Lega e con Forza Italia allargata come l’ho chiamata”. Il presidente della Camera ha invece sottolineato la propria fedeltà al governo, ma con qualche condizione: “Sosterremo i 5 punti” su cui si baserà il programma del governo, ma “vogliamo contribuire a scriverli”.

Tuttavia, Fini ha ribadito che, nel caso ci dovesse essere il voto anticipato, gli esponenti di Futuro e Libertà sarebbero “prontissimi”: “Il mio auspicio è che chi è al governo non deve cercare il consenso, ma dimostrare di saper governare. Se dovesse prevalere l’irresponsabilità noi non ci sentiremo tra coloro che a cuor leggero vogliono andare alle elezioni, ma siamo pronti ad affrontarle, vogliamo fare politica”.

Silvio Berlusconi intanto studia una exit strategy. Ma il Cavaliere intende salire al più preso al Colle per parlare con Giorgio Napolitano. Un colloquio con il presidente della Repubblica per illustrare la gravità della situazione alla luce dell’intervento di Gianfranco Fini domenica a Mirabello. Un intervento che non ha fatto altro che aggravare una situazione ritenuta dal premier ormai insostenibile da tempo.

Nel lungo vertice del Popolo della libertà, con i capigruppo, i coordinatori, i ministri Frattini, Matteoli e Vito, ed i sottosegretari Letta e Bonaiuti, si sarebbe discusso proprio di questo, facendo riferimento anche al documento uscito stanotte dopo il vertice con la Lega ad Arcore. Nel corso della riunione qualcuno dei presenti avrebbe comunque invitato il Cavaliere a riflettere sulla opportunità di recarsi al Quirinale senza un fatto concreto che certifichi che la maggioranza non c’è più. Il premier, a quanto riferiscono diversi partecipanti, avrebbe però ricordato la forte pressione di Umberto Bossi per andare alle elezioni il prima possibile.

E, alla resa dei conti, avrebbe aggiunto, le elezioni resterebbero comunque l’unica strada praticabile anche per il Pdl di fronte all’impossibilità di governare. Dunque, il convitato di pietra della riunione è stato Gianfranco Fini. Lo stato maggiore del Pdl, riferisce più di un presente, ha ben presente che non è possibile tecnicamente chiedere le dimissioni del presidente della Camera, certo è che se il Parlamento restasse in stallo o in una situazione di ingovernabilità, si ragiona, proprio Fini dovrebbe prenderne atto e fare un passo indietro.

La linea del partito sarà tracciata domani sera nel corso della riunione dell’ufficio di presidenza, un incontro in cui si farà anche il punto sul ruolo dei finiani all’interno del Pdl. Non è escluso che si parli anche del capitolo Giustizia. Il premier nei giorni scorsi aveva annunciato che nei cinque punti da sottoporre alla fiducia della maggioranza non si sarebbe fatto accenno al processo breve,ma sembra il tema resti sempre di stretta attualità.

Ed è per questo che lo stesso Cavaliere avrebbe fatto il punto con i fedelissimi sulla possibilità di cercare convergenze parlamentari anche su questo argomento. Come su altre misure, come il lodo Alfano Costituzionale.

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luiss_vcontursi