“Fini non farà lo strappo definitivo”, resterà nel Pdl: inizia così il fondo di Marcello Veneziani sul Giornale di oggi. L’intellettualle della destra non fa sconti al presidente della Camera: “la sua platea ormai lo detesta”. Secondo Veneziani, gli elettori rimproverano a Fini di non aver saputo opporre a Bossi e alla Lega “nessun argine di tipo nazionale e statale, sociale e culturale”, né di fronte alle richieste di Bossi per una svolta federalista, né di fronte alle leggi sull’immigrazione volute dalla Lega.
Il difetto di Fini, per Veneziani, è non aver fatto da contrappeso alle pretese di Bossi. In questo modo “non avrebbe rappresentato il suo elettorato, la sua storia, la sua sensibilità, i suoi valori”.
Ha seguito i radicali in alcune battaglie sulla laicità, poi la sinistra sull’immigrazione, quindi Napolitano in difesa del patriottismo della Costituzione, sempre difendendo il parlamentarismo.
E in questo camaleontismo, il suo popolo non gli rimprovera di “incarnare una nuova destra, moderna ed europea”, ma, al contrario, di “fuoriuscire da ogni destra possibile”. Perché non c’è nulla nella politica finiana che ricordi il neogollismo di Sarkozy, la tradizione cattolico-popolare di Merkel e Aznar, il conservatorismo sociale innovativo di Cameron.
Insomma, il presidente della Camera, cofondatore del Pdl, ha posizioni estranee alla destra italiana e a quella europea, ha abbandonato il bipolarismo per opporsi a Berlusconi, non ha dato sostanza e prospettive a una destra di governo.Iinvece, ha lavorato contro il governo di Berlusconi.
Fini avrebbe dovuto rappresentare “il senso dello Stato, la riforma dell’università e della pubblica istruzione, la tutela dei beni culturali e degli interessi nazionali, della lingua e dell’identità italiana, la difesa della ricerca scientifica e della meritocrazia”. Ma non ha saputo occupare questo spazio, e ora, sostiene Veneziani, se la destra “conta quanto il due di coppe la colpa è dell’assenza di un vero leader capace di contenuti e strategia”. Ma Fini, conclude l’autore, non era un leader, era solo “uno speaker”.