ROMA-Sì, va bene: i giudici che a Roma hanno indagato hanno finora detto che sulla casa di Montecarlo non c’è reato. Ma c’è una parola data, una parola data da Gianfranco Fini: “Se la mia buona fede fosse stata tradita, se dovessi scoprire che Giancarlo Tulliani è il vero proprietario di quell’appartamento, allora non per una colpa che non c’è, ma perché me lo imporrebbe la mia idea di etica pubblica, allora mi dimetterei da presidente della Camera”. Nelle nuove “carte” arrivate, più probabilmente fatte arrivare da Santa Lucia, è facile che il reato non ci sia neanche lì ed è facile che la magistratura non riaprirà indagini già archiviate. Però dicono ci sia la prova che quella casa era di Tulliani e che dunque il cognato fece fesso Fini facendosi vendere l’appartamento e camuffandosi da inquilino. Se c’è questa prova a Fini non resta che mantenere la parola data, per le ragioni che ha detto lui.