Il rapido declino di Fini: scaricato dai giornali che lo acclamavano

Gianfranco Fini

ROMA – Dalle prime pagine alle notizie secondarie, il declino di Gianfranco Fini si nota a partire dai giornali italiani. L’assemblea costituente di Futuro e Libertà, tenutasi a Milano tra l’11 e il 13 febbraio, è stata snobbata dalle principali testate italiane, le stesse che nei mesi scorsi avevano “incoronato” il presidente della Camera come il “Messia” della nuova destra moderata. Adesso le gesta del suo partito non sembrano più solleticare la fantasia dei principali quotidiani italiani.

Il 14, il giorno successivo alla chiusura dei lavori, l’assemblea che consacra la nascita del partito viene considerata meno importante della manifestazione delle donne e persino degli sbarchi dei clandestini a Lampedusa: dei tre principali quotidiani nazionali (Corriere della Sera, Repubblica e La Stampa), solo il giornale di Torino ha un richiamo in prima pagina (gli articoli si trovano a pagina 6 e 7). Repubblica ignora il presidente della Camera in “prima”, e gli dedica attenzione solo a pagina 11. Il Corriere, che parla dell’assemblea a pagina 6, dedica in prima pagina un editoriale di Pierluigi Battista che mette in risalto le contraddizioni di Fini.

Secondo Battista, Fini avrebbe dovuto sospendersi dalla presidenza della Camera, e non dalla presidenza del partito, come ha invece fatto “per manifesta incompatibilità”: “Forse Fini”, sostiene Battista, “avrebbe potuto esercitare con pienezza la propria leadership in Fli abbandonando la presidenza della Camera. Nessuno vi avrebbe visto un cedimento. Anzi, sarebbe stato più esplicito l’investimento di energie che il leader avrebbe devoluto alla sua nuova creatura, mentre esplodono minacciose rese dei conti tra i neocolonnelli”.

Infatti, tutti i quotidiani hanno parlato più dei conflitti interni al partito (dove ci sono molti che non condividono la scelta di Italo Bocchino nel ruolo di “reggente”) che delle intenzioni programmatiche del suo leader. Secondo Battista, dunque, Fini avrebbe fatto bene a preoccuparsi delle sorti della sua formazione: “Una grande ambizione che rischia di diventare azzardo velleitario. E il timone di una nuova nave, in circostanze così tempestose, non può mai restare sospeso”.

Altra dichiarazione che rischia di diventare una contraddizione, per Battista, è quella relativa allo schieramento politico di riferimento: se Fini ha praticamente “chiuso” al centrosinistra, dicendo di “guardare a destra”, dovrà ora fare i conti con gli elettori che potrebbero vederlo come un “traditore” nei confronti di Berlusconi e del polo che lo ha “consacrato” fino a fargli raggiungere la terza carica dello Stato.

Intanto, però, le gesta del presidente della Camera passano in sordina anche sulle pagine dei giornali “nemici” dell’ex leader di An. Libero, che insieme al Giornale ha condotto la battaglia mediatica sulla casa di Montecarlo (ereditata da Alleanza Nazionale e abitata dal “cognato” di Fini, Giancarlo Tulliani), dedica al “flop di Fli” due facciate, ma solo a pagina 8 e 9. Come a dire, fa più male l’indifferenza dell’odio.

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Alberto Francavilla