ROMA – Franco Fiorito, assieme al suo avvocato Carlo Taormina, tira in ballo altri consiglieri del Pdl: “Sono loro i veri ladri, non io”. Interrogato per più di sette ore dai pm, l’ex capogruppo alla Pisana, cerca di tirarsi fuori dall’inchiesta sulle ruberie da milioni di euro alla Regione Lazio. Di fronte ai magistrati che gli contestano il reato di peculato per aver usato a fini personali i fondi destinati al Pdl, afferma: “Se ho sbagliato pagherò per gli errori, ma io non ho rubato. I ladri sono altri”.
E a questo punto Fiorito consegna due scatoloni di documenti su otto consiglieri del suo stesso partito e un memoriale per rilanciare su di loro accuse sulla destinazione del denaro. Ma, come scrive Fiorenza Sarzanini per il Corriere della Sera, punta anche ai vertici e quando parla del sistema che “aveva fissato le regole per la spartizione dei fondi” si concentra sul presidente del consiglio regionale Mario Abbruzzese, sul segretario Nazzareno Cecinelli e sulla stessa governatrice Renata Polverini.
Nel dossier che rischia di provocare conseguenze devastanti sulla Regione, sulla giunta e sull’intero consiglio regionale, Fiorito ha inserito lettere e mail ricevute dai consiglieri, richieste di soldi e raccomandazioni. E poi decine e decine di fatture che ha saldato quando era tesoriere e, dice adesso, “erano per la maggior parte false”.
Casse di documenti per giustificare le tante donazioni che secondo il suo legale Carlo Taormina “servivano a soddisfare gli appetiti di chi viveva in quel porcile”. Spese folli con cene da migliaia di euro, viaggi e vacanze, compensi altissimi per assistenti personali, consulenti, portaborse. La strategia della coppia Fiorito-Taormina è chiara: tutti dentro per spartirsi le responsabilità.