Martedì 29 giugno la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, con il presidente Roberto Natale e il segretario Franco Siddi, hanno preso parte all’Audizione della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati sul ddl intercettazioni. In quella sede hanno presentato un documento del sindacato unitario dei giornalisti (Fnsi) in cui si propongono cinque modifiche da apportare al disegno di legge.
Di seguito riportiamo il testo di proposta di modifiche elaborato dalla Fnsi:
1) Occorre eliminare il divieto assoluto di pubblicare anche per riassunto le intercettazioni messe in deposito a disposizione dell’indagato, prima dell’udienza preliminare. Il divieto può essere superato prevedendo che le intercettazioni vengano depositate alle parti, dopo la celebrazione di un’udienza filtro, nel corso della quale il Gip individua, d’intesa con il P.M. e il legale dell’indagato, le intercettazioni che non risultano utili ai fini delle indagini. Queste ultime non verranno perciò depositate subito ma, per evitare che vadano persi elementi che potrebbero tornare utili in prosieguo di causa, potranno essere collocate in un archivio riservato, al quale le parti potranno accedere, previa autorizzazione.
Quando, tuttavia, le intercettazioni servono per l’emissione di una misura cautelare, è assai difficile trovare il tempo per l’udienza filtro, prima del deposito delle stesse, visti i tempi stretti per l’interrogatorio di garanzia, per rendere il quale l’indagato deve poter conoscere tutti gli elementi a suo carico. In alternativa ad un’udienza entro le 48 ore dalla notifica dell’ordinanza e la previsione di un interrogatorio i cui termini decorrano dalla chiusura di tale udienza, si potrebbe porre in capo al P.M. e al Gip l’obbligo di mettere in deposito e di citare nell’ordinanza solo le intercettazioni certamente rilevanti ai fini delle indagini, fissando per il deposito delle altre l’udienza filtro, a richiesta delle parti o d’ufficio, entro un termine ragionevole.
In entrambi i casi il giornalista avrà la disponibilità legittima delle sole intercettazioni depositate e delel stesse potrà parlare. Le intercettazioni depositate potranno così essere diffuse, al pari degli altri atti di indagine. L’ipotesi che anche le intercettazioni possano essere diffuse, quantomeno per riassunto è la sola che assicuri un’informazione completa sull’andamento delle indagini. Ciò può essere garantito solo dal riconoscimento del diritto di accesso del giornalista alla fonte primaria di tale informazione, vale a dire gli atti del P.M., nel rispetto delle parti, secondo i canoni dell’art.2 della legge 69/1963 (Ordinamento professionale) che prevede anche il rispetto di tutti gli interessati, ma anche l’esercizio dell’autonomia e della responsabilità professionale.
Il giornalista, in altre parole, deve essere messo in grado di assicurare la corretta circolazione dell’informazione sui fatti di interesse pubblico. Esiste un altro non secondario problema: ciò che è depositato non è più segreto ed è dunque pubblicabile. Suscita, dunque, perplessità la facoltà di pubblicare solo per riassunto e non testualmente gli atti delle indagini, facoltà il cui esercizio potrebbe dar luogo a conseguenze negative anche per gli interessati, lasciando spazio a scelte e sintesi opinabili.
E’ troppo penalizzante e non condivisibile anche il divieto assoluto di pubblicare, anche solo per riassunto, le intercettazioni altrimenti non rilevanti per le indagini, anche nel caso in cui le stesse risultino ugualmente di preminente interesse pubblico, in violazione dell’ inalienabile diritto ad informare ed essere informati: l’interesse pubblico prescinde dalla natura penale dei fatti di cronaca.
Tali fatti, se conosciuti, debbono essere valutati dal giornalista, con il criterio deontologico della verità sostanziale dei fatti. Nel caso in cui risultino di manifesto interesse pubblico non possono essere occultati, in quanto si violerebbe il principio della lealtà, nei confronti degli untenti dell’informazione. Anche intercettazioni, espunte dal fascicolo,perchè irrilevanti per le indagini, potrebbero presentare profili di manifesto interesse e non potrebbero esser nasconste, anche a costo di incorrere nelle pesanti sanzioni previste dal DDL per i giornalisti e gli editori. In luogo del divieto assoluto devono esser previste delle deroghe, lasciando poi al giornalista l’onere di valutare, caso per caso, se prevalga l’interesse pubblico, caso nel quale la diffusione non sarebbe penalmente rilevante, rischiando la sanzione ove dovesse pubblicare informazioni prive di tale interesse.
2) Eccessiva appare l’ammenda massima fissata per la violazione dell’art.684 c.p. Forse si potrebbe tornare all’ipotesi iniziale di 2.500 euro per gli atti e 5.000 euro per le intercettazioni, o ancor meglio ridurre l’una e l’altra.
3) L’altra modifica, necessaria a giudizio della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, riguarda il coinvolgimento degli editori. Occorre eliminare la pena amministrativa per gli editori, escludendo l’art.684 c.p. dalla 231. Inutile risulterebbe ridurla, visto che quale che sia l’entità, essa consente all’editore di intromettersi nei contenuti del giornale. Inoltre, il suo mantenimento limita la facoltà di pubblicare informazioni degli editori, puniti nella ragione sociale dell’impresa; libertà dell’impresa compromessa e mercato della notizia messo in mano a principi estranei all’informazione-bene pubblico o accessibile pienamente a chi può disporre comunque di ingenti risorse, il cui impiego potrebbe servire anche scopi diversi. Gli editori meno robusti o più piccoli, inoltre, farebbero anche più fatica ad affrontare il rischio e ciò sarebbe ulteriore limite e elemento discorsivo.
4) Privacy – Su questo punto occorre definitiva chiarezza. Il codice deontologico su questa materia approvato dall’apposita Autorità Garante per la protezione dei dati personali fissa bene principi, diritti e doveri. C’è una questione di efficacia della strumentazione e c’è bisogno di tutelare con più efficacia la dignità delle persone? La proposta della Fnsi è quella di prevedere un Garante per la lealtà dell’informazione. Le persone danneggiate nei loro beni più cari protetti dalla legge a causa di abusi o gravi errori debbono poter avere ristoro nel tempo più breve possibile e nello stesso tempo dev’essere evidenziato e sanzionato il danno. Le persone che si ritengano danneggiate nella loro riservatezza personale possono presentare ricorso al Garante per la lealtà dell’informazione che deve pronunciarsi entro 3/5giorni sulla base degli atti. Se riscontra violazione, dispone pubblicazione visibile e immediata di questo accertamento sul giornale che l’ha effettuata e manda gli atti per eventuali provvedimenti disciplinari alla magistratura deontologica della professione. Ma intanto una sanzione che ristora almeno in parte il danno causato produce i suoi effetti. Per il giornalista scatta subito una sanzione reale che incide sulla propria credibilità. Carcere e multe sono misure ingiuste e inefficaci, anche perché di contenuto illiberale.
5) Conclusioni – Il giornalista ha il dovere, prima ancora che il diritto, di far circolare liberamente le informazioni di cui abbia conoscenza di cui venga in possesso, se rilevanti per la formazione della pubblica opinione. Questo diritto, oltretutto, è garantito dall’articolo 10 della Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo. Tutte le leggi che irragionevolmente limitino questo diritto – e l’attuale testo del Ddl intercettazioni si annovera tra queste ipotesi – contrastano con tale Convenzione rendendo il giornalista vittima di norme ingiuste e da disapplicare. Ed è ciò che la Federazione Nazionale della Stampa Italiana chiederà, con ricorso motivato, alla Corte di Giustizia Europea per i Diritti dell’Uomo se il Ddl dovesse essere approvato nel testo votato dal Senato. Tutte le ragioni esposte giustificherebbero lo stralcio dal Ddl C.1415-B delle norme sulla cronaca giudiziaria e sull’informazione per un Ddl organico, che intervenga profondamente anche riformando la legge sull’Ordinamento professionale per adeguarla al diritto dei cittadini alla completa e leale informazione nel tempo che viviamo. Tuttavia, allo stato degli atti, nel rispetto del Parlamento e del processo legislativo in corso, la Fnsi ritiene essenziali, quantomeno, le modifiche proposte.