Gheddafi sfregia la donna occidentale: Escort della fede, convertitevi in tacchi a spillo

Il leader libico Muammar Gheddafi

Poi dice che uno si sente leghista… Certo è dura “sentire” una vicinanza, fosse anche solo di un microscopico attimo d’ umore, d’istinto, di rabbia e non di ragione, con quelli alla Borghezio, alla Salvini e ai tanti che con la bandiera verde si sono divertiti nel corso degli anni a portare i maiali a pisciare sui terreni dove forse sarebbero dovute sorgere moschee o semplici luoghi di preghiera per musulmani. Certo c’è da provare un brivido di disapprovazione verso se stessi se, quando si parla di Islam, uno semplifica, mortifica, offende, umilia come si divertono a fare i leghisti in corteo con maiale  al seguito. Il maiale, l’animale impuro per gli islamici. Il maiale portato a pisciare sulla fede altrui. Il massimo spregio, il massimo disprezzo. Eppure Gheddafi è venuto in Italia a fare quel che ha in fondo lo stesso significato, il gesto che ha volutamente lo stesso valore: è venuto a volutamente profanare, a “pisciare” sulla femmina occidentale e cristiana. E’ venuto a pretendere e a sbatterci in faccia la sua ultima invenzione, la sua ultima pretesa: le “Escort della fede”.

Chiedere, pretendere, allestire un “vouyerismo religioso”, radunare a pagamento ragazze, inscenare la loro conversione all’Islam dopo averle volute preventivamente e rigorosamente vestite con abito succinto e in tacchi a spillo, è fare con la donna occidentale e cristiana quel che i Borghezio hanno fatto con i maiali. “Convertitevi in tacchi a spillo”: questa sceneggiata voluta, pretesa e organizzata a Roma dal capo di Stato libico non è “folklore” come scioccamente dice Berlusconi. Passi per il faccione ridente di Frattini all’aeroporto, il ministro degli Esteri italiano è un ragazzone di facile sorriso. Non sapeva, faceva finta di non sapere quel che sarebbe accaduto di lì a poco. Non una festicciola con odalische, ma un meditato atto di sfregio culturale.

Niente moralismi e tanto meno scandalo sul fatto che Gheddafi si paghi una corte di hostess. Magari qualche dubbio sullo spessore culturale e anche professionale di chi gliele porta le hostess, magari qualche amara riflessione su queste ragazze la cui gran parte non distingue un casting per il Grande Fratello, per una convention aziendale, per una comparsata in tv, dal far da materia prima, in carne e ossa, per una recita di Stato anti occidentale. Se le “compri” pure le donne occidentali Gheddafi se vuole, le faccia pure esibire per spettacoli privati. E’ il “mercato”, bellezza. E, anche se fa alquanto schifo, sempre mercato rimane.

Ma lo si guardi, lo si capisca almeno che spettacolo è e a chi è diretto. La cultura islamica, prima ancora che l’Islam come religione, considera la donna una fonte di pericolo sociale e morale. Le donne nella cultura islamica non devono mostrarsi ai maschi, se non ai maschi di famiglia. Le donne contengono e portano una irriducibile “impurità potenziale”: questo è il costume islamico. Era così da noi anche in occidente, fino a non molti decenni or sono. Ma “era” e ora non è più, per grazia di dio e scelta delle donne e degli uomini. Lo spettacolo allestito da Gheddafi e per Gheddafi prevede che le donne occidentali si presentino a lui nelle vesti evidenti della loro “impurità”, l’abito succinto, il look infedele. Circostanza allestita per eccitare la fase due dello spettacolo: la “conversione” appunto. Conversione che è conquista della donna altrui, infatti i giovani maschi occidentali sono esclusi dalla sceneggiata. Ecco cosa Gheddafi è venuto a fare: a sbatterci in faccia che le donne italiane e occidentali sono conquistabili alla fede, alla sua fede, passando appunto per il ruolo e la redenzione di “Escort della Fede”. Che il dio della ragione, non quello del pudore che non c’entra, abbia pietà di chi chiama questo “folklore”.

E allora uno si sente per un momento “leghista”, vien preso dalla voglia pazza di trovare qualcuno che allo sfregio di Gheddafi replichi a tono. Lo sfregio non sono i trenta cavalli berberi trasportati in  aereo, il circo viaggiante delle amazzoni vestite da guerriere sulla scaletta del velivolo, la gran festa equestre nella caserma di Tor di Quinto, i Carabinieri obbligati ad esibirsi per lui. Lo sfregio non è la cena in programma con il capo del governo, forse con l’amministratore delegato di Unicredit, i vertici dell’Eni e di Finmeccanica e dell’Enel. Lo sfregio non è la montagna di affari: le imprese di costruzione a caccia di appalti per la strada costiera libica, le aziende che fabbricano armamenti a caccia delle commesse per sostituire i suoi vecchi Mig, le commesse sul petrolio, le tratte di rete elettrica da costruire. Dicono, calcolano 40 miliardi di euro di affari. Lo sfregio non è l’esibizione della “pecunia” che “non olet”, non puzza. Tutto questo si può ingoiare anche se ha un pessimo e talvolta putrido sapore. Dice il proverbio popolare che ciò che non strozza ingrassa. E Stato, governo e società italiane si “strozzano” assai raramente.

Lo sfregio, voluto non casualmente da Gheddafi, è alzare a dismisura il prezzo, non accontentarsi delle genuflessioni politiche e finanziarie. Lo sfregio è volere ed esibire di più, molto di più e molto di altro: l’umilizione culturale di una civiltà. Chiamata a vestire le sue donne in maniera “impura”, a portarle a domicilio, a renderle oggetto di conquista e ratto chiamato conversione. Conversione esibita da parte di un leader di una cultura e di una religione che quasi ovunque dove regna e domina considera il solo tentativo di conversione ad altra religione che non sia l’Islam reato sommo da punire con la massima severità. Gheddafi viene da un mondo dove se provi a convertire una donna ad altra fede che non sia l’Islam vai in galera o peggio. Lui sa cosa vuol dire nel suo mondo convertire una donna, il massimo concepibile dell’offesa. Lui sa che nella sua cultura quella conversione è “stupro” culturale. Lo sa e per questo è venuto a farlo qui.

Il perché e il come gli riesca farlo è questione certo più grande della sensibilità di un’agenzia di hostess o degli interessi comuni tra Berlusconi e Gheddafi. Questione più grande: viene voglia di sentirsi leghista, ma poi ti ricordi che la Lega di Bossi, Calderoli e Maroni è quella che tiene in piedi il governo di Berlusconi e Frattini. Vien voglia di prendersela con la sensibilità di un’agenzia di hostess, ma poi misuri l’insostenibile inesistenza di cultura civile vin queste ragazze. Vien voglia di prendersela con qualcuno. Ma questo “qualcuno” purtroppo non sta solo a Palazzo Grazioli e neanche nei Consigli di ammnistrazione delle aziende e neanche in qualche modello femminile spacciato come droga leggera dalle tv. Questo “qualcuno” è dentro di noi, nelle nostre case e famiglie. Nella nostra latitanza non tanto e non solo di cristiani, non tanto e non solo di occidentali, ma nella nostra indifferenza ad essere almeno gente  senza imbarazzo nel guardarsi allo specchio, questo almeno sarebbe obbligo civile e di massa.

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Mino Fuccillo