La scelta del giudice alla Consulta: il commento del Riformista

Il quotidiano Il Riformista commenta la scelta del giudice della Corte Costituzionale.

Zitti zitti hanno scelto un giudice alla Consulta. L’elezione di un giudice costituzionale non è un evento, come le esternazioni di Saviano o il caso Carfagna, tale da richiamare l’attenzione del grande pubblico, specie televisivo. Eppure questi fatti, come dicono gli storici francesi, sono destinati a segnare mutamenti di lunga durata nella storia delle istituzioni.

Prima considerazione: la designazione del novello giudice da parte della Corte di cassazione, nella persona di un autorevole penalista, come Giorgio Lattanzi, ha avuto luogo al riparo dei “rumori” della politica, se naturalmente per tali non si intendono gli orientamenti ideali e, perché no, anche politici, dei singoli giudici. Ha poco senso dunque che il Pdl si sia affrettato a definire il novello giudice come di “sinistra”, contribuendo, esso, ad accentuare il colore “rosso” della Corte. Le correnti associative, pur presenti, ma discretamente, anche in tale occasione, non sono però mai state tali da influenzare un elettorato composto da circa quattrocento magistrati e in cui a contare è, in larga parte, il merito e la fiducia che il singolo magistrato si è guadagnato presso i colleghi.

Lattanzi è della stessa “famiglia giuridica” cui appartiene l’attuale primo presidente della Corte di cassazione, Ernesto Lupo, di recente designato, appartenente a quella tipologia di magistrati, che hanno saputo, con intelligenza e anche umiltà, mantenere integra la loro funzione di operatori del diritto a fronte delle lusinghe provenienti dal mondo politico, che è sempre in grado di assicurare percorsi più prestigiosi e accelerati ai magistrati. Sembra abbastanza anomalo, per i toni e gli accenti che si svolgono in occasione di candidature in altre sedi, come la Cassazione riesca a garantire il suo ruolo di organo neutrale della massima giurisdizione, ove le ragioni della legalità e del diritto hanno una netta prevalenza rispetto ad altri fattori.

Certo, la composizione della Consulta, così come voluto dai costituenti, è un giudice particolare il quale, nella misura in cui deve giudicare della costituzionalità delle leggi, non può non essere attento all’equilibrio tra il diritto e le scelte politiche, specie del diritto “costituente”, evitando di assurgere, esso, a legislatore in seconda battuta, come pure potrebbe con facilità accadere ove la Corte dovesse scendere al merito delle scelte legislative. Ma così non è stato, almeno nel già lungo periodo che ha contrassegnato la vita della Corte.

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Alessandro Avico