ROMA – “Io ho paura e un po’ mi vergogno a dirlo”. Inizia con queste parole la prima puntata di “Radio Londra” il breve approfondimento condotto da Giuliano Ferrara. E inizia dal Giappone e dal terremoto, in una puntata in cui Berlusconi, l’uomo che Ferrara ha più volte spiegato di voler difendere, non compare.
Mentre scorrono le immagini della devastazione il giornalista usa parole ricercate, scelte con cura, quasi ostiche per lo spettatore: parla di sapere arcaico, di materiale fissile. “Il mare si sta mangiando il paesaggio” traduce Ferrara dal giapponese. “Gli orientali – spiega il giornalista – hanno paura in modo più calmo, più riflessivo, anche di fronte al rischio della fusione del materiale fissile di una centrale nucleare”.
Quindi Ferrara si lancia in una sorta di elogio della compostezza giapponese: “Hanno ancora qualcosa di arcaico, non pensano di essere padroni della storia e della natura, come succede in occidente. Eppure fanno quello che facciamo noi, sono la terza economia del mondo. Nonostante questo, nel momento più tragico riescono a riafferrare un senso della realtà così diverso dal nostro”.
A questo punto arriva l’attualità. In Giappone c’è paura per le centrali piegate dal sisma, paura che si collega e spiega l’incipit di Ferrara, paura che promette di essere centrale anche nel dibattito sulle centrali in Italia. Il giornalista ricorre ad uno stratagemma: finge di non prendere posizione sul nucleare, ci mette davanti al suo timore tutto intimo e personale. Poi però, piazza una parola, “indispensabile”, che chiarisce in modo inequivocabile il sue pensiero: “La forza simbolica di questa battaglia sul nucleare – spiega Ferrara parlando dei giapponesi che cercano di mettere in sicurezza le loro centrali – ci chiama al tema delle nostre paure. Dobbiamo controllare la nostra paura senza negarla, ma mettendola al guinzaglio come una bestia che vuole mordere. Se i giapponesi vinceranno la loro battaglia, vorrà dire che quella fonte indispensabile è sicura anche nelle catastrofi. Altrimenti no”.
“Meglio pensarci ora che compiangerci domani” conclude Ferrara.