Aumentano le distanze tra il governo e la magistratura. Secondo il ministro della Giustizia Angelino Alfano la dichiarazione dello stato di agitazione dell’Associazione nazionale magistrati «ha tutto il sapore di una guerra preventiva alle riforme», oltre ad essere «inspiegabile, sorprendente e dunque pretestuosa».
La protesta dell’Anm – secondo Alfano – «prelude a non si capisce bene che cosa» e viene «da chi ogni giorno richiede il rispetto per l’autonomia e l’indipendenza della magistratura mentre evidentemente non porta affatto rispetto per l’autonomia e l’indipendenza del Parlamento e neanche all’incontestabile diritto-dovere di chi ha vinto le elezioni di realizzare il proprio programma di governo, mantenendo così fede all’impegno assunto con gli elettori».
Nel definire «sorprendente» e «pretestuosa» l’agitazione indetta dall’Anm, Alfano ribadisce: «I testi delle nostre riforme sono in Parlamento da lungo tempo e sono assolutamente noti. L’idea di porre mano alla Costituzione – sottolinea – è stata annunciata decine di volte in questi mesi di governo, e i contenuti di fondo dell’ipotesi di riforma sono ben scritti nel nostro programma».
«Inoltre di riforma costituzionale della giustizia – aggiunge il Guardasigilli – si parla da oltre un decennio poichè già nella Bicamerale presieduta da D’Alema si intervenne robustamente in materia di giustizia». A detta di Alfano, dunque, «il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha tutto il diritto e anche il dovere di realizzare il programma di governo.
E se la riforma della Costituzione avrà necessità di una validazione popolare referendaria è perchè proprio ciò è scritto nella Carta costituzionale, che non si può leggere un rigo sì e un rigo no». Il ministro Alfano ritiene dunque che il premier Berlusconi abbia «ribadito esattamente ciò che ha sempre detto in campagna elettorale, e cioè che non considererà compiuta la sua missione in politica se non avrà riformato la giustizia rendendo realmente giusto il processo, ponendo in condizioni di effettiva parità l’accusa e la difesa nel processo, senza che ciò significhi porre il Pm alle dipendenze dell’esecutivo (come abbiamo ribadito in tutte le lingue mille volte)».
