ROMA – “Per quindici anni abbiamo mangiato pane e giustizia e poi alla resa dei conti è il settore dove meno ci sono state riforme. Basta”, scandisce Pierluigi Bersani, nell’intervista concessa al Messaggero (venerdì 27 gennaio). Dunque, il Pd è pronto a fare la sua parte, mettere mano alla macchina della giustizia si può, il “macigno” o il pretesto Berlusconi, sono stati rimossi. Si allungheranno quindi i tempi per la prescrizione, specie sui reati di corruzione, come chiede il vicepresidente del Csm, in completo accordo con il primo presidente della Cassazione Lupo?
Senza chi grida ossessivamente al complotto giudiziario contro Berlusconi e chi, all’opposto, specula “sulla piegatura personalistica di ogni tema a favore della giustizia”, questo il ragionamento di Bersani, allora il campo è libero, trovare un punto di intesa si può. Anche con il nemico di ieri, leggi il Pdl. D’altra parte, il segretario Pd ha incassato anche il pentimento dell’alleato potenziale Di Pietro, che sul tema ha promesso, presente Vendola, “non userò più la parola inciucio”. Anche questo un altro macigno rimosso, visto che a sinistra, e non solo, molti temono che dietro l’accordo si nasconda un salvacondotto per Berlusconi.
In verità, dagli “ex complottisti” del Pdl tutta questa disponibilità è ancora da provare, in fondo le accelerazioni consentite al ministro della Giustizia Severino per ora riguardano lo svuota carceri e le depenalizzazioni, utili a sfoltire istituti di pena e diminuire il numero dei processi. Ma sul clima di ritrovata concordia, l’apprezzamento del ministro (“assoluta convergenza di idee e di discorsi non preparati”) non è piaciuto a Enrico Costa e Manlio Contento, Pdl. Cioè, dei discorsi non è piaciuto affatto l’attacco, per nulla velato, che Ernesto Lupo, presidente di Cassazione ha rivolto contro il precedente governo all’apertura dell’Anno Giudiziario. “La mutata atmosfera politica dirada dense nubi che si erano addensate sul nostro impianto costituzionale”: più che la “prescrizione troppo breve” è questa battuta che ha inquietato, a caldo, gli esponenti berlusconiani.
A freddo, invece, il tema della prescrizione verrà ripreso. La chiedono i magistrati, forse la otterranno, in cambio però di misure più stringenti (taglio degli uffici periferici, limiti all’autogoverno) per elevarne la produttività. L’autonomia è sacra, ma solo nella formulazione dei giudizi. Lo dice Vietti, vice presidente del Csm, che insiste sull’allungamento dei tempi della prescrizione per uniformarci agli standard richiesti in Europa. E soprattutto per mandare a sentenza centinaia di migliaia di processi “interrotti”: nel 2010 sono stati almeno 140 mila i procedimenti che si sono chiusi con la prescrizione del reato.
Il mutato clima politico, sempre che il Pdl e Berlusconi non decidano di far saltare il tavolo, può servire a invertire la tendenza per cui 5,5 milioni di processi civili sono pendenti nelle varie sezioni, 3,4 milioni nel penale, con una durata media dei processi di primo grado di 337 giorni. Un ritardo monstre, un arretrato insostenibile: contro il quale non basterà eliminare i tre gradi di giudizio, lusso che non ci possiamo permettere, secondo Vietti. Bersani accetterà di imporre ai giudici tempi più “competitivi”, prestazioni più produttive? E se va bene una prescrizione più lunga per “non premiare l’imputato” (Vietti), quale sarà il nuovo termine, o finiremo per essere considerati imputati a vita, fino a prova contraria?