ROMA – L’Italia sta finendo e anche il governo non se la passa troppo bene: Umberto Bossi lascia poche speranze ad entrambi. “L’Italia va a picco, è l’ora della Padania” era stato l’esordio di giornata del leader della Lega. Non la prima volta che lo dice, ma il ripeterlo fa “volume” politico. Ammiccamento e forse qualcosa in più alla secessione, forse, più probabilmente, accenno di posizionamento elettorale, da campagna elettorale. Campagna elettorale, perché, si vota? Forse sì e prima del previsto se la seconda “botta” che Bossi piazza a metà pomeriggio non è solo frutto di cattivo umore. Insolitamente loquace con i giornalisti, al posto del solito dito medio mostrato a mostrare risposta alla domanda, il capo della Lega lascia andare questa constatazione-considerazione: “Il governo arriva fino al 2013? Mi sembra troppo lontano. Per adesso va avanti, poi vediamo”.
Parole, umori, pensieri. Non ancora scelte ed azioni. Ma a tenere in piedi il governo sono rimaste solo due cose: la voglia matta dei parlamentari di durare, di restare al loro posto e il sostegno di Bossi e della Lega. Oltre a questo il governo non ha più nulla cui appoggiarsi. Non i sondaggi, non il favore di opinione, ma sarebbe il meno. La possibilità concreta di una nuova manovra economica finanziaria che Berlusconi non sembra in grado di mettersi sulle spalle. Il numero ormai infinito di processi in cui il premier è coinvolto. La caduta di credibilità personale. La diffidenza, e qualcosa di più, che i mercati finanziari hanno più volte manifestato verso “il manico” del governo italiano. Non certo perché i mercati finanziari “votino”, ma comprano e vendono e, tranne la Bce, i titoli di Stato italiani altri non li comprano, anzi li vendono. E a fare così non sono gli “speculatori” ma i fondi pensione internazionali, serissimi e poco speculativi attori di mercato che del governo italiano non si fidano più. Al punto che da settimane si fidano più della Spagna che ha situazione economica peggiore dell’Italia ma che ha già scelto: elezioni e certezza ai mercati che chiunque vinca farà quel che deve.
Poi incombe…non tanto Moody’s che potrebbe nel fine settimana declassare l’Italia. Incombe il default greco e l’Italia non sembra attrezzata a reggere l’onda che ne verrebbe. Quindi il governo Berlusconi, cui perfino Confindustria ha dato più che preavviso di sfratto, si regge sull’attaccamento dei parlamentari alla sedia e sul sì di Bossi. Bossi che finora non ha mai neanche accennato a mollare l’alleanza con Berlusconi. Talvolta ha lasciato che altri nella Lega lo facessero, mai chiarendo se suo malgrado o in via esplorativa. Le quattro parole di Bossi: “Mi sembra troppo lontano” sono una legnata su Berlusconi premier. Un’altra asse che si schioda. Ma non ancora lo spegner la luce e tutti a casa. Non fosse altro perché Bossi l’interruttore può spegnerlo ma come riaccenderlo non sa. Partecipazione della Lega ad un governo di emergenza nazionale è fantapolitica, come fantapolitica è un governo con dentro il Pdl senza Berlusconi e l’Udc di Casini e il Fli di Fini e l’appoggio esterno del Pd di Bersani. Fantapolitica è una Lega che resta al governo mentre Berlusconi va in una sorta di “opposizione”. Allora Berlusconi che pilota, sceglie la successione, lascia Palazzo Chigi ad uno dei suoi e affronta tutto e tutti senza “scudi” ministeriali?  Probabile come gli asini che volano. Allora? Allora l’unica per Bossi e la Lega dopo l’eventuale “sgancio” è elezioni subito, il prima possibile. Da affrontare con una linea secessionista, un rastrello per raccogliere più voti possibile. Ma alla Lega sanno e temono che con la legge elettorale che c’è, quella che impone e strapremia alleanze rischia di essere un rastrello bucato. Sarà anche una volpe Bossi, volpe che annusa l’aria che tira. Ma volpe che teme la tana gli frani addosso e la via d’uscita non la trova più. Per questo forse le sue vere parole, quelle che non faranno titolo sono: “Per adesso va avanti, poi vediamo”. Un grido di rassegnazione più che di battaglia.