Grillo, Beppe, due o tre cose bisogna pur dirle su questa sorprendente (mica tanto) vicenda che sta travolgendo Beppe Grillo, sotto inchiesta per traffico di influenze illecite, il reato “preferito” dal M5S.
Il comico-fondatore e garante dei Cinquestelle – indagato dalla Procura di Milano – è accusato di aver preso soldi per il suo blog dall’armatore napoletano Vincenzo Onorato in cambio di favori per arginare il dissesto in cui versava la sua flotta.
Grillo avrebbe “veicolato ai parlamentari dei M5S le richieste legislative di Onorato in favore di Moby” e stipulato accordi economici di sostegno che risalgono al 2018-2019. L’ipotesi della accusa è che i contratti fossero fittizi e costituissero il “prezzo “ della mediazione. Accusa supportata dalle indagini della Gdf che avrebbe nutrito sospetti su un contratto triennale (600 mila euro all’anno ).
La compagnia di navigazione era messa male, cercava finanziamenti dalla Politica, l’armatore ha bussato a molte porte, faceva accordi ovunque. Sotto inchiesta sono finiti pure i contratti con le fondazioni di Giovanni Toti e Matteo Renzi, con Pd e Fdi. L’armatore era scatenato. Vero, falso? Vicenda enfatizzata? come dice Conte. In ogni caso valgono alcune considerazioni.
Fatto curioso, inedito: Grillo nella ragnatela del contrappasso politico-legale. Richiamo anche suggestivo e letterario (Dante nell’Inferno). I rei, dice il Sommo Poeta, subiscono la stessa pena che hanno inflitto all’offeso. Dunque Grillo sarebbe vittima del grillismo. Vittima della legge “spazzacorrotti” voluta proprio dal suo ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede.
Nato nell’Ottocento liberale in favore del necessario rispetto dei diritti individuali e delle garanzie costituzionali poste a loro tutela contro le interferenze e gli eccessi dei pubblici poteri, il garantismo è stato riscoperto dai Grillini in queste ore difficili . Gli uomini del Grillo hanno invertito la rotta.
Non più forcaioli, ma prudenti. Sono finiti i tempi cupi in cui attaccavano la “gentaglia che mette gli interessi personali, illeciti, davanti al benessere degli italiani “ (Manlio Di Stefano, palermitano, deputato Cinquestelle da due legislature, sottosegretario agli Affari Esteri nei governi Conte e Draghi). Ora prevalgono le frenate.
Il traffico di influenze è come la corazzata Potemkin del film di Fantozzi. Cioè una boiata pazzesca, come dice Tullio Padovani, professore di diritto penale all’ Università di Pisa. “ La si può girare come si vuole ma alla fine i conti non tornano, perché è costruito sul nulla “. La legge è del 2012 e pochi mesi dopo la Cassazione è intervenuta dicendo che questa legge era “inapplicabile perché troppo fumosa “. Morale: un flop. Dal 2012 c’è stata una sola condanna. A naso vien da concludere che anche stavolta Beppemao è salvo.